COSENZA – Abbuono di Stato. A Nicola Sorgato, reo confesso dell’omicidio di Tiziana Falbo, la compagna con cui viveva a Montalto
e che uccise una domenica di novembre di un anno fa, i giudici della Corte d’Appello di Catanzaro, hanno deciso di fare un regalo: abbonandogli sei anni di quella condanna (a sedici) per omicidio volontario, rimediata in primo grado. Per i giudici di Catanzaro, dieci anni, sono sufficienti. Una sentenza che ha lasciato esterefatti i familiari della 37enne che, tra dolore ed incredulità, si sono chiesti ieri alla lettura della sentenza e si chiederanno ancora per molto, com’è possibile concedere uno sconto di pena a chi s’è preso il diritto di eliminare dal mondo qualcuno. E non un qualcuno a caso, ma quella donna con cui il 50enne di Padova aveva deciso di vivere insieme. Per i giudici d’Appello, quelle attenuanti generiche avanzate dall’avvocato Maurizio Nucci, legale di fiducia di Sorgato, nei confronti del suo assistito sono state ritenute convincenti. L’omicidio della 37enne, descritta da tutti come una persona solare, allegra, determinata, matura in un contesto familiare e psicologico particolare. Sorgato, infatti, quella maledetta domenica, così com’era capitato altre volte, aveva violentemente litigato con la sua compagna. I motivi dei litigi erano sempre gli stessi: gelosia, rimbrotti comportamentali, ma soprattutto quello stato “inerme” in cui Sorgato viveva, all’indomani della perdita del posto di lavoro e che mandata su tutte le furie la 37enne. Un mix esplosivo di rabbia, insoddisfazione, frustrazione covato da tempo e che è deflagrato nel peggiore dei modi. Il 50enne, infatti, nel corso della lite, afferrò la compagna per il collo, stringendole le mani così forti intorno alla gola da toglierle il respiro. Poi le avrebbe infilato un cacciavite in bocca, finendo per far soffocare la donna con il suo stesso sangue. Compiuto il delitto, il 50enne salì in auto e cominciò a macinare chilometri su chilometri. Il piede pigiato forte sull’acceleratore, quasi con la voglia di allontanarsi il più possibile dalla scena del crimine, Viaggiò per ore ed ore, fino a quando non decise di fermare la sua corsa in Emilia, precisamente a Bologna, quando gli agenti della stradale di Bologna gli intimarono l’alt. Ai poliziotti dichiarò di aver ucciso la sua compagna, ricostruendo la dinamica del delitto, per così dire d’impeto, e fornendo anche un movente per giustificare il fatto di sangue. Un omicidio che i giudici della Corte d’Assise ricostruirono sulla base delle valutazioni del consulente Marco Marchetti che, incaricato dalla Corte d’Assise di effettuare una perizia sull’imputato, parlò di una dinamica intensamente conflittuale tra Sorgato e la sua vittima, con minacce di abbandono da parte di lei e con derisione, sempre da parte di lei, del ruolo maschile del 50enne. Insomma questa condizione sarebbe stata la causa scatenante di quell’omicidio brutale, violento, cieco. Un delitto che, come detto, Sorgato pagherà con dieci anni di carcere. Forse le sue attenuanti generiche meritano più attenzione di una vita cancellata.
