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Già 10mila i profughi ucraini in Italia. Parte nelle regioni il “piano accoglienza rifugiati”

Croce rossa ucraina profughi
COSENZA – Reperire strutture, hotel e spazi dove ospitare i profughi provenienti dall’Ucraina. Oltre a garantire tamponi e vaccini anti-Covid ai rifugiati. Il Governo allerta prefetture e regioni per dare il via al Piano di accoglienza di cui i governatori sono i nuovi Commissari delegati: provvederanno a “coordinare l’organizzazione del concorso dei rispettivi sistemi territoriali di protezione civile negli interventi e nelle attività di soccorso ed assistenza alla popolazione” proveniente da quel territorio di guerra. Durante la Giunta regionale calabrese, che si terrà stamattina, verrà approvata – così come preannunciato nei giorni scorsi dal presidente Roberto Occhiuto – una delibera per consentire ai sindaci calabresi che ne faranno richiesta di destinare alcune abitazioni dei propri Comuni per ospitare i profughi ucraini in fuga dalla guerra.
L’ordinanza della Protezione Civile, firmata dal Capo dipartimento Fabrizio Curcio, che chiarisce: “questa è una situazione completamente inedita e vede attivate tante strutture di un intero Paese”. Dallo scoppio del conflitto sono arrivati finora quasi 10mila ucraini (in gran parte donne e bambini), soprattutto attraversando in auto la frontiera terrestre italo-slovena. “E l’incremento quotidiano – aggiunge Curcio – sta aumentando: sono arrivate 2.500 persone in due giorni, ma arrivano con flussi che risultano al momento gestibili. Se poi i numeri dovessero crescere dobbiamo attrezzarci da un punto di vista operativo”. I presidenti di Regione, che lavoreranno a stretto contatto con le prefetture, si sono già attivati e anche sul fronte sanitario a breve potrebbero già arrivare nuovi provvedimenti. Nelle prossime ore è previsto un tavolo concordato con Ministero dell’Interno e con quello della Salute per valutare la situazione sanitaria. “Ci vogliamo preparare al momento in cui i numeri dovessero essere meno gestibili dal punto di vista sanitario e come attuare un piano dal punto di vista operativo”, spiega ancora Curcio. Intanto, secondo l’ordinanza appena firmata, fino al 31 marzo i profughi ucraini dovranno esibire un certificato di negatività al tampone per il Covid per gli spostamenti in Italia. Ma anche le Asl sono state allertate da una circolare del ministero affinché si predispongano risorse per garantire tamponi e vaccini anti-Covid e di routine ai rifugiati.
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In campo c’è anche il Viminale, che ha disposto l’aumento nei Cas (Centri accoglienza straordinaria) di 5mila posti e disposto anche un incremento nei Sai (Sistema accoglienza e integrazione). Potranno accedervi cittadini ucraini anche se non richiedenti asilo. “In Italia ci sono in tutto oltre 248mila ucraini, di cui 190mila sono donne. E le persone che arrivano si rivolgono ai loro parenti ma hanno comunque bisogno di assistenza. E’ necessario anche un raccordo con il mondo della scuola, bambini e ragazzi dovranno frequentare il mondo della scuola“, dice il capo Dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’Interno, Francesca Ferrandino. Resta in standby per il momento, invece, l’eventuale utilizzo dei militari alle frontiere per l’esecuzione dei tamponi, così come è stato chiesto alle Regioni. “C’è l’esigenza di dar vita ad un sistema organizzativo alle nostre frontiere anche con il coinvolgimento del ministero della Difesa e l’ausilio delle forze armate”, aveva commentato il Presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, alla termine dell’incontro con il Governo. Non solo accoglienza dei profughi. Dopo l’attacco russo alla centrale nucleari a Zaporizhzhia (che per fortuna non ha avuto conseguenze), è inevitabilmente scattato il timore sul rischio di eventuali fughe radioattive nel caso di ulteriori attacchi. “Ci sono altri piani che si stanno attivando – dice il capo della Protezione civile – . Il Paese è attrezzato anche ad altri livelli. Sia il ministero dell’Interno che il Dipartimento hanno dei ruoli in tutti gli scenari che dovessero presentarsi”. Sui rischi di fughe “di radioattività sottolineo che l’Italia è in stretto contatto” con vari enti di controllo. Inoltre c’è un piano che è previsto e vige già dal 2010. Nei mesi scorsi avevamo iniziato una revisione del piano che è in fase di definizione, è in itinere un ulteriore aggiornamento. Il Piano esiste e vorremmo non doverlo attuare”.

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