COSENZA – “Mia madre non è voluta venire in Italia, dice che lì può dare una mano e preferisce restare. Lei ha 73 anni e cucina per i soldati e la popolazione”. A raccontarlo all’AGI è Natalka Solyanyk, ucraina, che da molti anni abita a Cosenza ed è sposata con un avvocato: “Mia madre dice che è stata lì tutta la vita, perché dovrebbe partire adesso? Ha deciso di restare e di fare il pane per i soldati. Ha un pò di scorte in cantina ma io sono molto in pensiero per lei”.
Natalka viene da Vinnitsa, città non ancora toccata direttamente dalla guerra con attorno alcune basi militari che sono state bombardate e racconta della sua famiglia: “i miei cugini sono tutti lì, uno è al comando di un gruppo che sta aiutando la popolazione, e si danno da fare per preparare guanti e altre cose che servono ai soldati”. Lei si è anche fatta diretta promotrice di una sorta di corridoio umanitario che ha già portato in Calabria 12 persone, 6 adulti e 6 bambini tra cui tre di un anno di età, uno di 4 anni e due di 13 e 14 anni.
L’accoglienza di Mendicino, famiglie a metà
In tutto sono tre nuclei familiari, ospitati a Mendicino, nella casa canonica di San Nicola gestita da don Enzo Gabrieli. In realtà si tratta di famiglie a metà perchè i papà sono rimasti in Ucraina a combattere o a dare una mano alla resistenza. “Alcuni sono miei parenti – dice Natalka – altri erano amici e parenti loro e non ce la siamo sentiti di abbandonarli, abbiamo organizzato tutto il viaggio”. Una settimana, attraverso la Moldavia e la Romania, fino ad arrivare a Roma, “dove mio figlio è andato a prenderli con un pulmino che ci ha dato un parente – dice Natalka – e li ha portati qui. Altri li abbiamo presi a Bologna. Poi per fortuna Don Enzo, che voglio ringraziare, e tutta la gente di Mendicino, li hanno accolti e gli hanno dato quello che gli serviva – racconta commossa Natalka – e io ogni giorno raccolgo altra roba per loro e faccio da interprete, perché loro non parlano neanche una parola di italiano”. E poi proseguono anche le raccolte di cibo, vestiti e medicinali da mandare a chi è rimasto in Ucraina.
Molti non vogliono lasciare la loro casa
“In tanti sono lì, non vogliono lasciare la loro casa e vogliono aiutare come possono, ed è un dolore sentirli al telefono, ogni giorno – racconta Natalka – ci raccontano come vivono, nella paura, nascondendosi. Forse arriveranno altri ucraini, visto che i contatti sono frequenti. Non sappiamo quanto durerà questa guerra, all’inizio pensavamo che fosse solo per pochi giorni ma adesso non sappiamo per quanto tempo dovremo accoglierli, è davvero un dolore forte perché ci sono tante persone che stanno fuggendo e noi dobbiamo dare una mano come possiamo”.
Don Enzo Gabrieli spiega che “il bimbo di 13 anni è sempre silenzioso, non parla mai. E’ vero che i più piccoli restano scioccati, questo bambino non parla mai e non accende neanche la tv”. Il sacerdote ha dei contatti per inserire adesso i bimbi a scuola, e con la Questura per discutere delle vaccinazioni anticovid.
“Per fortuna nel gruppo ci sono mamme e nonne, che cucinano e sono autonome e questo le tiene anche impegnate” dice ancora don Enzo che ha voluto sottolineare il grande cuore e la solidarietà della popolazione. “Abbiamo dovuto fare una sorta di turnazione – dice – perché arriva adesso troppa roba e invece vorremmo che non fosse solo una cosa momentanea, vorremmo che la gente continuasse a donare nel tempo, anche nei prossimi giorni o mesi”. Anche l’Arcivescovo di Cosenza, mons. Nolè, ha voluto incontrare i 12 ucraini, per portare loro una parola di serenità e di affetto.
