CATANZARO – Sta diventando virale in queste ore un post sui social inerente un annuncio di lavoro a Catanzaro, ripostato da una nota pagina social “Il Signor Distruggere”, scatenando un vespaio di polemiche.
“Cerco ragazza per lavoro occasionale in un negozio di detersivi sito in Cz centro. Si dovrà occupare di cassa e rimpiazzo scaffali. Orario di lavoro 8:15/13:00, 16:115/20:00. Paga 30 euro al giorno. Ripeto la cerco solo occasionalmente. Per chi fosse interessato, lasciare un commento sotto il post. Vi contatterò io”. Così cita il testo apparso su Facebook, sollevando le sacrosante critiche di diversi utenti per la scarsa paga propinata senza un’adeguato rapporto con le ore di lavoro.
Un annuncio che svela (e nemmeno tanto) il deprimente scenario del mondo del lavoro in Italia (e in particolare in Calabria) che si avvale dei canali social. Un supporto che può essere valido, il web, ma che sembra sostituire ormai gli uffici di collocamento sul territorio che sembrano apparire sempre più ferraginosi e vetusti per supportare e orientare l’utenza nella ricerca del lavoro.
La denuncia del sindacato «schiavismo e sfruttamento»
«Ci troviamo di fronte all’ennesimo annuncio via social che di lavoro non si può proprio chiamare ma che è rivolto ad “una ragazza” che per occuparsi di cassa e scaffali in un negozio di detersivi al centro del capoluogo di regione avrebbe guadagnato addirittura 3,50 euro all’ora». Comincia così la nota stampa di denuncia di Filcams Cgil. «Trenta euro al giorno per 8 ore e mezza di fatica – continua Filmcams Cgil – nel posto più cool della Regione Calabria, visto che stiamo parlando del centro città di Catanzaro; immaginiamo – evidenzia il sindacato – che in periferia o nei piccoli paesi ci siano prezzi molti più concorrenziali e prossimi allo schiavismo». «Il Signor Distruggere – prosegue Filcams cgil – rilanciato con ironia l’annuncio, si è scatenata l’indignazione del popolo del web e questo è già di per sé un fatto positivo, ma conoscendo il livello al quale è arrivato il mondo del lavoro, scommettiamo che passata l’ondata e calato il sipario sulla vicenda qualcuna, per necessità e per costrizione, si presenterà al negozio chiedendo il piacere di essere sfruttata. Questo il quadro purtroppo diventato ordinario ed aggravato ancora di più da decenni di crisi e dalla pandemia, nel quale siamo costretti a vivere e con il quale facciamo i conti in continuazione senza tanti strumenti di contrasto e senza alleanze sociali di sostegno.
«Mancano i controlli, tutti depotenziati e ridotti»
Mancano i controlli dell’ispettorato del lavoro, degli istituti di previdenza, delle forze dell’ordine tutti depotenziati e ridotti al lumicino dalla politica liberista che ha governato questo Paese ed ha raccontato che le imprese non crescevano per via dei troppi controlli, che vivevano con ansie da prestazione e attacchi di panico dovuti allo Stato che anziché fidarsi di loro era diffidente. I danni prodotti in termini di sfruttamento sono sotto gli occhi di tutti. Queste le politiche che hanno determinato un nuovo esodo dei giovani dal Sud, dove di lavoro non si vive più o almeno non dignitosamente. Inoltre, la politica italiana – insiste la nota – non parla più di lavoro, della condizione di chi fatica onestamente, piuttosto alimenta il racconto di imprese e commercianti sempre più disperati ed in crisi e che non riescono a trovare lavoratori e lavoratrici perché nessuno è più disponibile a fare sacrifici. La nostra esperienza dice altro, ci troviamo di fronte ad imprenditori e commercianti che hanno notevolmente aumentato i propri profitti e che non hanno nessuna intenzione di ridistribuirli a chi lavora, nonostante la crisi dei salari e la fame crescente».
«È evidente che occorre ritrovare un cambio di paradigma che sposti l’attenzione della politica e delle istituzioni partendo dal punto di vista di chi lavora ed ha bisogno di farlo per portare avanti la propria vita con dignità. È chiaro – si legge ancora nella nota – che tocca anche al sindacato attrezzarsi in maniera più adeguata nel contrastare tali fenomeni che per il livello di diffusione raggiunto rendono, specie in Calabria, quasi inefficaci i Contratti collettivi nazionali di lavoro che in passato rappresentavano un elemento certo e di garanzia dell’unità nazionale e di equità di trattamento al Nord come al Sud. Un’attenzione ed un rilancio dell’attività di rivendicazione e di denuncia che va estesa anche alla rete internet ed ai social, bisognerà sempre di più porre il tema di come le piattaforme digitali possano influenzare e favorire la violazione di leggi e contratti. Occorre – conclude il sindacato – che chi gestisce tali piattaforme, così come avviene per i casi di abuso e di violenza sulle persone, applichi regole certe per evitare che annunci che non rispettano i contratti nazionali e che inducono allo sfruttamento delle persone vengano diffusi e pubblicati».
