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Faida di ‘ndrangheta, due arresti per un omicidio compiuto 18 anni fa

Carabinieri auto 37

TORINO – Due ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite questa mattina dai carabinieri per un delitto di ‘ndrangheta commesso 18 anni fa nel Torinese. Il caso, su cui hanno lavorato i carabinieri del Ris di Parma avvalendosi di nuove metodologie scientifiche di indagine, è quello di Giuseppe Gioffrè, ucciso l’11 luglio 2004 a San Mauro, alle porte del capoluogo piemontese. La vittima era originaria di Sant’Eufemia d’Aspromonte (Rc) e risiedeva nel paese. Il movente sarebbe da ricercare in una faida risalente agli anni Sessanta.

I due sono presunti appartenenti alla cosca Alvaro, intesa “Carni i cani” di Sinopoli. Si tratta di Paolo Alvaro, 57 anni, originario di Sinopoli, e di Giuseppe Crea, 44 anni, di Rizziconi, attualmente detenuto nel carcere di Parma. Le misure sono state eseguite in provincia di Reggio Calabria e Parma nei confronti dei due pregiudicati. Nelle indagini svolte all’epoca dei fatti dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Torino, erano emerse la responsabilità dell’omicidio in capo a Stefano Alvaro, condannato poi a 21 anni in via definitiva e ritenuto membro di un gruppo di fuoco composto da almeno altri due complici all’epoca rimasti ignoti.

I successivi accertamenti di natura tecnico-scientifica, effettuati nel maggio 2021 dal Ris di Parma con l’ausilio di nuove tecnologie informatico – dattiloscopiche su alcuni reperti rinvenuti nei pressi dell’auto bruciata utilizzata per commettere il delitto, hanno consentito di individuare nuovi elementi indiziari, che hanno portato all’identificazione degli altri presunti componenti del gruppo di fuoco responsabili dell’omicidio, il cui movente secondo la ricostruzione accusatoria sarebbe da ricondurre a una faida risalente agli anni ’60, quando Gioffrè, a conclusione di una disputa per ragioni commerciali, uccise due esponenti della cosca Dalmato-Alvaro.

La strage di una famiglia nel ’65

C’è anche lo sterminio di una famiglia nella lunga storia del ‘cold case’ riaperto da carabinieri e dalla Dda piemontese. Giuseppe Gioffrè fu ucciso nel 2004 quando aveva 77 anni: qualcuno lo avvicinò mentre sedeva su una panchina e gli sparò alla testa. Nel 1964, quando gestiva un bar-panetteria in Calabria, fu arrestato per un duplice omicidio dai contorni rimasti misteriosi: si disse che si trattò di un caso di legittima difesa contro due cugini residenti in un paese vicino.

Pochi mesi dopo, nella notte del 18 gennaio 1965, mentre era in cella, a Sant’Eufemia d’Aspromonte degli sconosciuti fecero irruzione in casa sua, dove la moglie, Concetta Iaria, dormiva con i quattro figlioletti, e spararono con lupare e pistola. La donna rimase uccisa insieme a uno dei bimbi (gli altri tre rimasero gravemente feriti). Una strage preparata con cura: furono tagliati i fili della luce per precipitare la zona nel buio. Gioffrè si trasferì in Piemonte nel 1972, si risposò e non fece più parlare di sé. L’ipotesi degli investigatori è che secondo la ‘ndrangheta aveva pagato ancora troppo poco, nonostante la strage della sua famiglia, il suo antico sgarro.

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