Alla sbarra quarantasette presunti affiliati alla ‘ndrina cosentina nata dal sodalizio tra rom ed italiani.
CATANZARO – Un sodalizio sigillato con il matrimonio del boss Maurizio Rango, secondo gli inquirenti a capo del clan ed attualmente ristretto in regime di 41 bis, con la figlia di un nomade ben inserito negli ambienti criminali: Giovanni Abbruzzese. Iniziato ieri il processo a carico di 47 soggetti ritenuti intranei al clan Rango – Abbruzzese di Cosenza a causa dell’assenza del gip che è stato dichiarato incompatibile, in quanto aveva già in passato lavorato all’inchiesta, è stato rinviato al prossimo 2 Ottobre. Nell’aula bunker di Catanzaro si è quindi fermato al suo avvio il procedimento penale che vede gli imputati accusati a vario titolo di ben 60 capi d’imputazione, 23 di loro dovranno rispondere di associazione a delinquere di stampo mafioso. Delle trenta parti offese individuate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro un imprenditore vittima di estorsione e sia l’associazione nazionale antiracket sia la sezione cosentina costituiranno parte civile. Secondo gli inquirenti al vertice del clan ci sarebbe Maurizio Rango. Il clan, sempre in base alla tesi degli inquirenti, avrebbe controllato le estorsioni e, con l’uso di armi, acquisito (in modo diretto o indiretto) la gestione o il controllo di attività, appalti pubblici, oltre che l’occupazione abusiva di alloggi popolari per poi rivenderli. Tra le accuse contestate vi è anche quella dell’omicidio e dell’occultamento del cadavere di Luca Bruni. Il mandante dell’assassinio, per la Dda, sarebbe Franco Bruzzese; Rango, Daniele Lamanna, Adolfo Foggetti ed Ettore Sottile avrebbero invece organizzato il delitto e preso parte alle fasi esecutive. Il 2 Ottobre però molto probabilmente il pm Pierpaolo Bruni, come già annunciato, non sarà presente e la prima udienza di un processo che mira a ricostruire l’ascesa dell’organizzazione criminale rom nell’universo della malavita cosentina rischia di slittare nuovamente.
