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Massacro di Trebisacce: una tragedia forse annunciata

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COSENZA – Il buio della mente. Dietro il brutale omicidio di Riccardo Chiurco, il pensionato 72enne di Trebisacce,

barbaramente dilaniato dalla figlia Stefania, non c’è solo un raptus di follia, lucida e spietata ma c’è del’altro. C’è quel carattere della ragazza e quella sua indole interiore, forse esasperata per quella sua condizione di “eterna” studentessa universitaria, con una laruea in Medicina, presso l’Università degli Studi di Perugia, ancora da conseguire. Quei troppi, tanti, rimproveri, quegli inviti del padre a laurearsi, hanno acceso nella mente di Stefania, il demone della follia. Quel demone che in un freddo pomeriggio di questo mese, s’è impossessato di lei, facendole compiere un massacro di proporzioni enormi. Un massacro che, ancora, gli inquirenti stessi non riescono a comprendere. Quella che si è materializzata davanti agli occhi di carabinieri e vigili del fuoco, è stata una scena da film dell’orrore nell’appartamento al secondo piano, teatro della tragedia. I resti, in stato di decomposizione, sono stati trovati smembrati e sistemati all’interno di otto scatoloni incellophanati e chiusi con nastro adesivo. Oggi, così come per tutta la giornata di ieri, tra le vie del popoloso centro balnerare jonico, c’è incredulità e sgomento anche e soprattutto per le modalità del delitto. In pochi vogliono parlare. Il muro d’omertà e di silenzio è una componente genetica del dna dei calabresi. Che si tratti di delitti di ‘ndrangheta, di omicidi d’onore o di tragedie familiari, poco importa. L’essenziale è farsi i fatti propri. Comportamento strano, se si pensa che la vicenda dell’omicidio di Riccardo Chiurco, tiene banco nei bar, nelle piazze, nei salotti delle case, negli abituali luoghi di ritrovo. Ognuno ha maturato il suo pensiero, ognuno ha elaborato il suo movente, ma è meglio, pensano, tenerselo per sè. Quei pochi che, hanno avutro voglia di parlare, di sfilare davanti ai carabinieri, come persone informate sui fatti, parlano di continue frizioni, di numerosi litigi e di quella decisione, presa da Stefania, che alla morte di sua madre, aveva “isolato” suo padre dagli altri parenti. Se qualcuno, avesse aiutato il pensionato a uscire dal recinto di quell’isolamento imposo, oggi il 72enne sarebbe ancora vivo. Forse. E forse, Stefania oggi non si sarebbe macchiata di un delitto così efferato, studiato, e peggio ancora pianificato da tempo. Con una spietata alleata, sanguinaria e violenta: la lucida follia.

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