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Graffiti a Cosenza, gli studiosi: ‘Città romantica. A via Popilia e via degli Stadi i muri con più rabbia’ (FOTO)

ANDATE VIA CORROTTI

Parte da Cosenza il primo studio socio-antropologico d’Italia basato su ciò che si trova scritto sui muri.

 

COSENZA – Centocinquanta graffiti che raccontano Cosenza. Immagini catturate dal fotografo e giornalista Francesco Cangemi che immortalano la dimensione socio-antropologica della città dei bruzi. Muri in Transito, volume edito da Pellegrino Editore, sarà presentato domani a Roma alle 18.30, presso la Libreria del Viaggiatore alla presenza del noto opinionista Enrico Ghezzi che ne ha redatto l’introduzione. Lo studio, condotto da Jò Lattari e Marco Mottolese, rappresenta la prima indagine basata sui graffiti svolta in Italia per analizzare la società urbana. ‘‘Abbiamo contestualizzato le scritte che trovavamo sui muri di Cosenza – spiega Lattari, insegnante cosentina – cercando di capire perché quel tipo di scritta apparisse proprio in quel muro, in quella zona. Un esempio. Ad Arcavacata dai diversi graffiti in dialetto si nota come vi gravitino persone non solo di Cosenza, visto che le frasi oltre ad essere in cosentino sono anche in catanzarese e altri dialetti calabresi. Cosa che non abbiamo notato in nessuna degli altri quartieri della città.

 

Una zona chiassosa di colori è invece quella di via Alimena, nei pressi dell’Asp, luogo di ritrovo di diversi adolescenti che sembra facciano da guardia ai propri graffiti come se delimitassero il territorio. Nel centro storico troviamo invece dei grandi classici tipo ‘L’amore ti fotte’, mentre la rivendicazione sociale è più presente su via Popilia e via degli Stadi. Tendenzialmente, Cosenza è una città che ‘ama’ con legami affettivi per alcuni personaggi. Pensiamo alla frase, scritta sicuramente prima della sua morte, che recita ‘Marulla al Governo’ oppure a ‘Padre Fedele Libero’. Fuori dalle scuole, invece, quella dei graffiti è una vera e propria mania. Si trova da ‘Volare è Potere’ a ‘Quando me la dai?’ passando per ‘Viva l’Inter’ e ‘Chiara ti amo’. Tante le ingiurie che appaiono sui muri contro i catanzaresi, ma si tratta di un fenomeno diffuso in tante altre città dove, come a Cosenza, c’è tanto ‘calcio’ sui muri”.

 

Interessante il punto di vista di chi, come l’editore romano Mottolese, la città di Cosenza la vive da non autoctono. “Quello che viene fuori – afferma Mottolese – è la disperazione di questi ragazzi che sono come delle zanzare: pizzicano, ma non li vedi. Ho notato sui muri di Cosenza un profondo disagio che sia amoroso, sociale, politico o culturale. Anche il testo più banale nasconde un desiderio, una volontà di esistere, di dire ‘io ci sono’. Di certo in questa città troviamo più problematiche adolescenziali che non politico-sociali. E’ un po’ come la posta del cuore, frasi rivolte all’amata o all’amato di turno. Vi sono poi alcuni di questi ‘grafomani’, perché non si possono definire writers, che hanno un proprio stile come ‘Ambrosia’ che scrive nella zona di Santa Teresa.

 

Cosenza dallo studio che abbiamo fatto è una città romantica, più interessata ai propri desideri che alle tematiche sociali.  Anche se non è difficile incontrare graffiti internazionali come ‘Eat the ritch’, le lotte degli anni ’70 e slogan antifascisti. Scarabocchi che – chiarisce Mottolese – non violano il decoro urbano perché si scrivono cose brutte su cose che sono ancora più brutte delle scritte stesse. Ci sono stabili orrendi in cui sfido chiunque a dire ‘l’ha rovinato!’. Ovviamente chi scrive su Palazzo Morelli è da considerarsi un vandalo. La differenza è notevole rispetto alla verietà che si trova a Roma o Milano, ma vorremmo capire se ciò succede anche nelle altre città di provincia di dimensioni simili”. Dopo Cosenza, la seconda città in cui verrà svolto lo studio socio-antropologico sui graffiti da cui nascerà un secondo volume di Muri in Transito, sarà Roma. Il libro che sarà presentato domani è già disponibilie in tutte le librerie Mondadori e Feltrinelli, on line su Amazon, IBS e sotto forma di e-book sul sito Bookrepublic.

 

Foto: Francesco Cangemi

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