BACCU ABIS – Per non dimenticare la cattiveria, la gelosia e il dolore che nasce, cresce e divora dopo la fine di un amore. Quando l’Amore, quello che fa star bene, quello che fa
sorridere, diventa odio, diventa tragedia.
Valentina Pitzalis è la prova che qualcosa, di tutto il male, può rimanere. Ciò che le rimane e ciò che non le si spegne mai dal volto è il sorriso. Aveva 28 anni, il 17 aprile del 2011 a Baccu Abis quando l’ex marito le ha buttato addosso una bottiglia di cherosene e poi le ha dato fuoco con un accendino. Mentre Valentina si incendiava come una torcia umana, una scintilla avvolgeva di fiamme il marito che moriva carbonizzato al suo fianco.
Ricorda solo un grande dolore, prima di risvegliarsi in un letto d’ospedale senza più il volto, una mano amputata e l’altra gravemente ustionata. L’ex marito gli è morto vicino, ossessionato da un amore malato, un amore devastante che credeva di poter vivere per sempre, oltre la vita, portandolo avanti in un’altra “dimensione”. Ma non si è trattato di suicidio, l’uomo voleva uccidere solo lei ma è rimasto vittima della sua stessa trappola mortale.
Sono ancora vivi i ricordi di Valentina:“Ci eravamo lasciati da poco. Mi telefonò con una scusa, aveva bisogno di un documento. Glielo portai a casa, poi un saluto. Mi stavo dirigendo verso la porta d’ingresso quando lui mi chiamò. Io mi voltai e lo vidi gettarmi addosso un liquido. Per reazione portai le mani al volto, un istintivo gesto di autodifesa. Forse, per questo mi sono salvata”. Valentina non lo chiama mai per nome (Manuel Piredda), quasi a non volerne più evocare la memoria. Che sia stato un tentativo di femminicidio, seguito da un suicidio o un’incidente a Valentina importa poco, lei lo ha già perdonato da tempo: “Lui non era un mostro ma ha fatto una cosa mostruosa. Era malato di gelosia morbosa. Non mi ha fatto continuare gli studi. Non mi faceva lavorare. Un mio errore, quello di essere stata troppo accondiscendente. Il suo era un amore malato, autodistruttivo. Me ne sono accorta troppo tardi.”
Valentina sorride ancora, con il volto sfigurato, un corpo che ha vissuto il dolore atroce della lotta tra la vita e la morte, il tentativo di essere autonoma. La sua immagine non è più quella di un tempo, non è più lei, fuori. Ma dentro è la Valentina di sempre, piena di speranze e di voglia di vivere, una battaglia che ha perso ma una guerra che ha vinto.
Un esempio di forza, coraggio e vita che ci lascia a bocca aperta e che insegna a denunciare qualsiasi tipo di violenza fisica e psicologia, prima di vivere la tragedia. La forza delle donne riesce ad andare oltre, oltre il dolore fisico e psicologico, oltre la tragedia, oltre il male. Ciò che Valentina ci insegna è sorridere.
