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Cosenza: analisi di un campionato. Gettato

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COSENZA – Analisi di una sconfitta. E’ quella che per tutto il pomeriggio di ieri, nel chiuso dello spogliatoio, Gianluca Gagliardi ha fatto

con la sua squadra. Un’analisi attenta, oculata, sincera. Senza accuse rivolte alla squadra, senza processi sommari a carico dei singoli. Il mister del Cosenza, tecnico capace e intellettualmente onesto, non ha fatto altro che ribadire un concetto che tutti, dirigenza in primis e ambiente compreso, hanno mandato giù a memoria, con la stessa facilità con cui si intona il ritornello di una canzone: il Cosenza non ha ricambi, il Cosenza non è strutturalmente attrezzato per vincere. Già vincere. Dopo il filotto di cinque risultati utili consecutivi, l’ultimo dei quali l’exploit di Paola, contro il Montalto, forse nell’ambiente, così come in seno alla dirigenza silana, è cresciuta la convinzione che la promozione era possibile, che quel Cosenza potesse fare un solo boccone della lepre giallorosso, “azzannandola”. Ma sono bastati due inattesi scivoloni, a Palazzolo e ieri in casa contro la Vibonese, per far ritornare tutti con i piedi ben saldi per terra. Il Cosenza, non è una macchina da gol, non lo è mai stata in questo campionato. Se il meccanismo tecnico-tattico nell’ingranaggio del gioco tra Guadalupi-Mosciaro e Foderaro, s’inceppa, sono dolori e andare in rete, diventa difficile, se non impossibile o complicato. La testimonianza è il tentativo in extremis di Gagliardi di rinforzare l’attacco, inserendo in prima linea Gassama e Marano e scegliendo di assegnare il ruolo “d’ariete” a Parenti, professione difensore. Proprio l’inserimento di Parenti è forse il modo migliore che Gagliardi ha adottato per far capire, a chi di dovere, i limiti della sua squadra. Limiti, con i quali i Lupi stanno facendo i conti sin dall’avvio della stagione. Amnesie difensive, cali di concentrazione, fragilità emotive e tante altre concause che hanno “spinto” i Lupi a sperperare un’infinità di punti preziosi per strada, fallendo, in più di un’occasione, il punto del match point per portare a casa questo campionato. Già, questo campionato che, per molti aspetti, sembra identico a quello della scorsa stagione, quando con altri uomini in campo e un altro timoniere in panca, il Cosenza fallì maledettamente, consegnando le chiavi della promozione all’Hinterreggio. La piazza è stanca. E’ stanca di subire mortificazioni sportive, è stanca di vedere la storia centenaria dei Lupi relegata nell’inferno dei dilettanti, è stanca di sobbarcarsi chilometri e chilometri di passione, per andare a sventolare il vessillo rossoblù nei campi di periferia o sugli spalti striminziti di quelli che, più che terreni di calcio, sembrano spazi non asfaltati dove si divertono i ragazzi dell’oratorio. La piazza è stanca di dover vedere il risultato della propria squadra, digitando il 259 del televideo. Certo la piazza è stanca, la tifoseria è delusa, l’ambiente è demotivato, ma è anche vero che al Cosenza e forse al suo ritorno in grande stile nel calcio che conta, mancano, oltre ai risultati, i suoi tifosi. Non quelli, per così dire malati dei colori rossoblù che, indipendentemente dalla categoria di militanza, non fanno mai mancare il loro apporto, dentro e fuori casa, ma quelli della domenica. Quelli con la bandiera in spalla, la sciarpa al collo, il panino in borsa e diretti allo stadio già alle 12. Quelli è vero, forse, allo stadio non mettono piede da tanto. Alcuni addirittura da quel lontano 2003, l’anno della famosa X al posto del Cosenza, sui calendari. Sì, perchè, quei tifosi si sono scocciati di aspettare, si sono stancati di sognare una promozione che non arriva. Forse nemmeno quest’anno.

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