COSENZA – Il paziente “dimenticato”. E’ la triste storia di Aldo Tavola, sessantenne di Cetraro, deceduto all’ospedale il 26 giugno dello scorso anno,
mentre era ricoverato in un letto dell’ospedale dell’Annunziata di Cosenza. Dopo mesi di indagini, verifiche mediche e indagini prolungate, la Procura della Repubblica cittadina, attraverso il capo dei pm, Dario Granieri e il sostituto procuratore, Salvatore Di Maio, ha fatto piena luce sulla vicenda, definendo precise responsabilità mediche. Per quel decesso sono finiti nel registro degli indagati, sette medici, in servizio tra l’Annunziata e l’area sanitaria del penitenziario di Castrovillari. Si tratta di: Francesco Montilli, 44enne di Francavilla Marittima, Furio Stancati (58 anni) di Cosenza, Angela Gallo (54), sempre di Cosenza, Domenico Scornaienghi (65), anche lui cosentino, Ermanno Pisani (51) di Cosenza, Carmen Gaudio (43) di Cosenza e Antonio Grossi, 59enne di Paola. L’accusa nei loro confronti è di cooperazione tra loro, per negligenza, imprudenza ed imperizia, di aver causato la morte del paziente, determinata da uno shock emorragico dovuto da anemizzazione acuta conseguente a sanguinamento massivo di ulcera perforata. La storia, inoltre, racconta che Aldo Tavola, era detenuto nel carcere di Castrovillari, dove stava scontando un periodo di detenzione di quattro anni, per via di una condanna rimediata per droga. Mentre era detenuto, il 60enne si sentì male. I medici in servizio presso la casa circondariale della città del Pollino, si accorsero delle sue condizioni di salute non buone. Gli avvocati Alessandro Gaeta e Marco Bianco, legali di fiducia di Tavola, chiesero la scarcerazione del loro assistito e il trasferimento in una struttura sanitaria esterna al carcere. Una richiesta avanzata anche per monitorare le già pessime condizioni di salute del cetrarese, che, oltre a portare il catetare ed essere affetto da problemi di deambulazione, aveva anche diverse patologie pregresse che ne avevano minato fisico e morale. Alla sua morte, i familiari hanno presentato una denuncia alla Procura della Repubblica. Il capo dei pm, dopo aver affidato l’incarico all’anotomatologo Berardo Cavalcanti, ha atteso le determinazioni del perito sulle cause del decesso. La responsabilità medica e la negliegenza e l’imperizia, con cui il paziente è stato assistito, hanno indotto il patologo a configurare uan precisa responsabilità penale nei confronti dei sette sanitari. Dall’esame autoptico è, inoltre, risultato che Tavola, soffriva di ulcera, un’ulcera che, secondo il perito dell’accusa e lo stessa magistratura, si era sviluppata in un paziente, già portatore di ulcere gastriche antrali da stress, da gastrite acuta ad impronta emorragica, stenosi pilorica, nonchè neuropatia degli arti inferiori, iperplasia prostatica benigna, cistite da catetare e stati acuta pluriviscerale. Insomma un quadro clinico già abbondantemente compromesso, una condizione medica sulla quale già pendeva una certezza di “condanna”. Aldo Tavola, come detto, era recluso nel carcere di Castrovillari per scontare una condanna definitiva a quattrto anni di reclusione per droga. Ma il sessantenne era anche in attesa della fissazione del processo d’Appello, per un altro procedimento gidiziario legato alla droga, per il quale, in primo grado, era stato condannato a sei anni di reclusione. Tavola, racconta la cronaca, era stato arrestato nel gennaio dle 2012, dagli agenti del commissariato di Paola. Durante un controllo, effettuato dai detective della polizia di stato, coordinati dal vicequestore aggiunto Raffaella Pugliese, il detenuto cetrarese, mentre era recluso ai domiciliari, venne sorpreso mentre nascondeva una ventina di grammi di cocaina. processato, Aldo Tavola venne condannato a sei anni di reclusione. Ma contro quel verdetto di condanna, gli avvocati difensori del 60enne, avevano presentato ricorso, inoltrando alla Corte d’Appello di Catanzaro di ridiscutere il processo. Ma, purtroppo per lui, Aldo Tavola, non ha fatto in tempo ad aspettare la fissazione del suo nuovo processo. I sette medici, finiti nel registro degli indagati, destinatari del provvedimento di chiusura delle indagini preliminari, hanno sempre negato ogni responsabili e sono convinti di poter, attraverso i loro legali di fiducia, di dimostrare la loro innocenza. Quella che il destino ha negato ad Aldo Tavola, morto da solo, con l’etichetta di detenuto scomodo.
