REGGIO CALABRIA – Il Ponte della discordia. L’infrastruttura che unisce calabresi e siciliani in un secco ‘NO’ ad un’opera che distruggerebbe il paesaggio, convogliando liquidità a favore la criminalità organizzata.
Con decreto firmato dal presidente Monti è stata avviata in questi giorni la liquidazione della societa’ Stretto di Messina S.p.A., che in anni di attività ha drenato dalle casse statali milioni e milioni di euro. Ma Scopelliti e l’Anas non ci stanno. E si ribellano. In realtà sono gli unici a credere nel progetto. Un progetto che la cittadinanza teme per la verosimile ingerenza delle cosche e la pericolosità dell’opera. “C’è un limite imposto dalla decenza, la farsa del Ponte sullo Stretto di Messina deve finire. Non si possono sprecare, tanto più visto il momento difficile, risorse pubbliche per un’opera dall’utilità estremamente dubbia”, ha affermato il presidente della commissione Ambiente alla Camera Ermete Realacci a seguito delle dichiarazioni del leader Anas Pietro Cucci che ieri osannava il Ponte come infrastruttura indispensabile per collegare il Sud Italia all’Europa. “Fortunatamente, come certo Ciucci ricorderà – ha aggiunto Realacci – lo scorso febbraio il governo Monti aveva già optato per mettere la parola fine su questa vicenda decidendo di non concedere a Stretto di Messina spa e al general contractor Eurolink una proroga per presentare l’atto aggiuntivo al contratto allora vigente, sospeso con il decreto sviluppo-bis n. 17″. Il leader di Sel Nichi Vendola risponde invece che: “Pensavamo fosse chiaro a tutti che il progetto era insostenibile e irrealizzabile. Pensavamo e pensiamo che il Ponte sullo Stretto sia un’opera strategica per le mafie: più che ad unire due coste, serve ad unire due cosche. Aspettiamo di sapere – conclude Vendola – cosa ne pensa, allora, il presidente del Consiglio”. A chi chiedeva un commento sulle dichiarazioni secondo le quali il ponte servirebbe a collegare due “cosche mafiose”, Pietro Ciucci ha risposto “non commentabile”. Il governatore della Regione Calabria invece batte i piede ed insorge contro l’eventualità che il suo ‘caro’ Ponte non venga realizzato. “Nel ventunesimo secolo in Italia ancora non si riesce a comprendere l’importanza strategica delle infrastrutture, utili per lo sviluppo economico di tutto il paese e non solo di una determinata zona – sostiene Giuseppe Scopelliti – Cosi’ mentre il resto del mondo ci sorpassa costruendo in poco tempo e in aree altamente sismiche ponti ben piu’ lunghi di quello sullo Stretto da noi dopo trent’anni ancora si discute se realizzarlo o meno e intanto abbiamo perso sia in competitivita’ sul mercato del lavoro che nella partita a chi riesce ad attirare piu’ investitori stranieri sul proprio territorio. Fa bene Ciucci a ricordare che senza l’opera viene meno il corridoio Helsinky – La Valletta, a questa riflessione io sottolineo con forza l’importanza dell’infrastruttura anche per realizzare l’alta velocita’ in un tracciato completo che va da Nord a Sud dell’Italia. Se vogliamo rilanciare davvero il nostro paese e il Mezzogiorno dopo questa violenta crisi economica che ha investito il mondo – conclude Scopelliti – dobbiamo mettere da parte ogni tipo di pregiudizio verso le grandi opere e pensare allo sviluppo per il bene della societa’”. Intanto tra licenziamenti selvaggi, emergenza rifiuti e malasanità la Finlandia è sempre più lontana. E forse non è solo colpa del ‘Ponte che non c’è’.
