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Referendum: Oliverio ha deciso, andrà a votare contro il volere di Renzi

oliverio trivelle

Nonostante il premier abbia invitato i cittadini a non recarsi alle urne per boicottare il referendum del 17 Aprile, il governatore della Calabria diserta l’appello del leader del PD.

 

CATANZARO – “Domenica prossima mi recherò alla urne e voterò SI’, in coerenza con le posizioni espresse in Consiglio regionale e nel rispetto del voto unanime del Consiglio che ha deciso di promuovere il referendum anche su nostra proposta”. E’ quanto ha affermato il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio, oggi nel corso di una manifestazione pubblica. “Sono convinto – ha aggiunto Oliverio, come riferisce un comunicato dell’ufficio stampa della Giunta regionale – che il Consiglio regionale ha interpretato pienamente l’opinione dei calabresi che, domenica prossima, con la partecipazione al voto confermeranno questa convinzione”.

LE PIATTAFORME PETROLIFERE IN ITALIA

Sono 92 le piattaforme per l’estrazione di idrocarburi entro le 12 miglia dalla costa (135 in totale) e che quindi costituiscono oggetto del referendum di domenica sulle trivelle, che chiede appunto agli italiani se vietare il rinnovo delle concessioni estrattive per i giacimenti entro le 12 miglia dalla costa italiana: di queste – come si legge sul sito del ministero dello Sviluppo Economico – 48 sono piattaforme di produzione eroganti, 31 sono non eroganti, 8 non operative. Ogni piattaforma ha più pozzi di estrazione, alcuni sono produttivi, altri sono ‘produttivi non eroganti’: “In totale i pozzi collegati sono 484. Di questi i produttivi eroganti sono 213, mentre quelli ‘produttivi non eroganti’ sono 271, a significare che non hanno più interesse dal punto di vista economico. Il problema è che, in assenza di controllo, i pozzi ancora produttivi e, virtualmente anche quelli classificati al momento ‘produttivi non eroganti’, possono essere gestiti in modo da erogare quantità di gas molto piccole, marginali dal punto di vista economico, ma dagli effetti gestionali ed ambientali rilevanti.

 

Una gestione non controllata, con emungimenti minimi, allontana la dismissione delle piattaforme e il ripristino dei luoghi. Il Mise nulla dice a proposito”, sottolinea la professoressa Andreina Zitelli, docente all’Istituto di Architettura di Venezia ed ex componente della commissione nazionale di valutazione d’impatto ambientale, esperta a favore del ‘Sì’ al referendum. “Si tratta di concessioni in larga parte ad appannaggio dell’Eni”, afferma: “La maggior parte delle concessioni per le piattaforme sono scadute al 2015 (terza proroga), 48 scadono tra il 2016 e 2027(terza proroga), meno di 20 potrebbero traguardare il 2027 con la seconda proroga”. La normativa attuale prevede che le concessioni abbiano una durata iniziale di trent’anni, prorogabile una prima volta per altri dieci, una seconda volta per cinque e una terza volta per altri cinque; al termine della concessione, le aziende possono chiedere di prorogare la concessione fino all’esaurimento del giacimento, “se giustificato dalle stime residue di sfruttamento”, spiega l’esperta: “La normativa europea e mondiale dice che le piattaforma non più produttive devono essere smantellate, considerate al pari di relitto marino, il prezzo del decommissioning è significativo, ma lo Stato italiano non ha mai chiesto di accantonare i costi per lo smaltimento”.

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