L’ex poliziotto Vincenzo Ciciariello insieme ad altre tre persone è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
COSENZA – Da un lato il potente clan Rango – Abbruzzese, dall’altro le forze dell’ordine. I presunti contatti, tra la cosca nata dal sodalizio criminale tra ‘italiani’ e ‘zingari’ e alcuni funzionari di polizia e carabinieri, hanno portato all’iscrizione nel registro degli indagati di quattro persone. Si tratta del sessantenne originario di Lamezia Terme, Vincenzo Ciciarello, ex agente della Squadra Mobile fino a poco tempo fa in servizio presso la Prefettura di Cosenza, di Enrico Francesco Costabile imprenditore cosentino (titolare di un autosalone a Roma, con precedenti penali per truffa) 49enne ritenuto il portavoce tra il poliziotto e il clan, dell’ex carabiniere all’epoca dei fatti in forze nella stazione di Cosenza Nord Antonino Perticari 56enne (attualmente in pensione come Ciciarello) e di Fabrizio Bertelli, 45enne dipendente civile dell’ufficio verbali in servizio alla Polizia Stradale di Cosenza. Tutti indagati per concorso esterno in associazione mafiosa.
I PRESUNTI CONTATTI TRA IL POLIZIOTTO E IL CLAN
Secondo le accuse, l’agente Ciciariello attraverso contatti quasi quotidiani con Costabile riusciva ad informare i sodali del gruppo Rango – Zingari su indagini in corso, perquisizioni e controlli. Dagli atti sarebbe emerso che grazie a Ciciariello e alle ‘soffiate’ riportate da Costabile fu possibile ritrovare le microspie montate dagli inquirenti nelle autovetture e abitazioni di Maurizio Rango, Daniele Lamanna e Celestino Bevilacqua. Le informazioni intercettate in quell’occasione, nell’ambito delle indagini per l’omicidio del parcheggiatore Francesco Messinetti, pare avessero portato a scoprire una serie di estorsioni. Rilievi che il Ciciariello, secondo gli inquirenti, non esitò a divulgare tempestivamente agli indagati utilizzando il canale dell’amico Costabile. Dati che sembra venissero comunicati con una tempestività tale da consentire ad Antonio Abbruzzese, Celestino Bevilacqua, Daniele Lamanna ed Ettore Sottile di sfuggire, anche se solo temporaneamente, a un arresto alla fine del 2014. L’imprenditore e il poliziotto pare si conoscessero da pochi anni, ma il meccanismo tra loro era abbastanza rodato. Soprattutto nelle comunicazioni con i sodali della cosca tra il 2012 e il 2014.
LE INDAGINI
Nel primo interrogatorio Ciciarello si è riservato di conoscere gli atti prima di rispondere. Il suo legale difensore Roberto Le Pera ha espresso soddisfazione per la revoca degli arresti domiciliari a seguito del pensionamento dell’agente avvenuto circa una settimana dopo il suo arresto. “Con il tempo – ha affermato Le Pera – emergerà la verità dei fatti. Esprimiamo piena fiducia nella magistratura”. Le indagini a carico dei quattro sarebbero partite prima che i collaboratori di giustizia rivelassero la rete di presunte relazioni tra i funzionari e il clan. Ad oggi pare non sia stato accertato alcun tipo di scambio di denaro tra i sodali del gruppo e l’agente Ciciarello, se non piccoli favori relativi a pezzi di ricambio per l’auto o ingressi in discoteca. Sembrerebbe non esistere alcuna prova infatti che il denaro per acquistare l’auto del poliziotto lametino sia stato prelevato dalla ‘bacinella’ delle ‘ndrine. I sospetti degli anomali contatti tra il gruppo Rango – Abbruzzese e gli indagati hanno portato ad un loro immediato trasferimento. Sia il poliziotto sia il carabiniere sin dall’inizio delle indagini sono stati posti in ruoli dove non potevano più danneggiare le indagini a carico delle ‘ndrine. Postazioni lavorative in cui era impedito loro di accedere a buona parte dei dati del sistema informativo a cui potevano prima accedere indisturbati
LA POSIZIONE DELLA QUESTURA DI COSENZA: “ATTIVITA’ DOLOROSA E DIFFICILE”
Sulla vicenda il Questore di Cosenza Luigi Liguori ha chiarito che in casi come questi “chi sbaglia non è l’istituzione, ma i singoli soggetti”. “Se come Luigi Liguori compio gravi errori, sono io a sbagliare, non la Questura di Cosenza. In ogni struttura – afferma il Questore di Cosenza Luigi Liguori – può esistere una minima percentuale d”infedeli’. Non ritengo che nel caso di Ciciarello vi sia stato un danno d’immagine perché la stessa istituzione ha fatto pulizia al suo interno individuando le anomalie. E’ stata un’attività dolorosa e difficile da compiere. Soprattutto perché ogni operatore di polizia è abituato all’investigazione e conosce le tecniche della polizia stessa. Tenere un agente in servizio senza farlo allarmare e riuscire a trovare le prove a suo carico è piuttosto complesso. La Questura di Cosenza ha 500 dipendenti che ce ne sia uno, due o tre che sbagliano può succedere come in tutte le istituzioni. Mi auguro che questo non accada. L’istituzione però è sana e pulita. E’ necessario ricordarlo perché i cittadini hanno bisogno di credere nei valori della legalità”.
