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«Aspettavo solo la morte mentre ero sommerso dall’acqua». Il drammatico racconto del naufragio

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CROTONE – “Quando chiedevamo di chiamare la polizia ci dicevano che dovevano far tornare la barca in Turchia. La tempesta era forte, era pericoloso abbiamo pensato di morire. L’acqua entrava dagli oblò. Non so quante ore siamo stati in quelle condizioni di pericolo, forse 10. Ma il problema non è stato il mare, è stata la secca contro cui è finita l’imbarcazione”. Lo ha detto uno dei superstiti, l’iraniano Rezappourmoghaddam Motjabu ai giudici di Crotone nell’incidente probatorio nell’inchiesta a carico dei presunti scafisti.

Drammatico il racconto del momento del naufragio: “Io ero seduto dentro proprio dove c’è stato l’impatto. L’acqua ha iniziato a entrare e donne e bimbi piangevano. Sono andato verso la scaletta per uscire in coperta ma c’era tanta gente che diceva che non davano il permesso di salire. Quando sono arrivato su avevo già l’acqua alla gola. Ho cercato di aggrapparmi alla cabina di comando ed ho visto uno degli scafisti, (identificato in quello deceduto, ndr) che rompeva il vetro della cabina per scappare. Poi ho visto molti cadaveri. Mi sono aggrappato ad un pezzo di legno. Le onde erano alte. Aspettavo solo la morte. Poi un’onda molto forte mi ha catapultato sulla spiaggia. Non sono stato in acqua molto tempo, ma è stato comunque lungo come un’intera vita”.

L’uomo ha raccontato di aver visto delle luci spiegando che erano come dei segnali che indicavano dove andare. Non ha saputo dire se si trattava dei soccorsi. “Sulla spiaggia ho visto solo tre delle persone che stavano nella cabina con i capitani, mentre i capitani non c’erano più (uno era deceduto e due scappati, ndr)”. L’uomo non ha saputo dire se gli scafisti abbiano usato un gommone o altri mezzi. Ha raccontato che “tre sono arrivati sulla spiaggia dopo di noi, anche loro erano impauriti e tremavano di freddo, ma quando le persone li hanno individuati hanno cercato di aggredirli perché avevano fatto morire i loro parenti. C’erano già le forze dell’ordine presenti che hanno fermato l’aggressione”. Prossima udienza dell’incidente probatorio il 26 aprile.

“Avete fatto morire donne e bambini, come fate a stare tranquilli?”

“Per una imbarcazione che valeva al massimo 20 mila euro, che volevate riportare in Turchia, avete fatto morire donne e bimbi innocenti per guadagnare milioni di euro. Come fa la vostra coscienza a stare tranquilla?”. Lo ha detto, l’iraniano Rezappourmoghaddam Motjabur, uno dei sopravvissuti al naufragio di Steccato di Cutro nel corso della testimonianza resa per oltre due ore nel corso dell’incidente probatorio presieduto dal giudice Michele Ciociola iniziato oggi al Tribunale di Crotone.

Una frase pronunciata guardando negli occhi i due presunti scafisti presenti in aula ma ascoltata anche dal terzo indagato, collegato in videoconferenza dal carcere di Graz, in Austria e per il quale il 24 aprile si terrà l’udienza per l’estradizione. L’iraniano li ha indicati chiaramente come coloro che hanno condotto l’imbarcazione fino alla costa calabrese dove è poi naufragata causando 94 vittime accertate.

Il testimone ha risposto alle domande del pm, Pasquale Festa, e degli avvocati delle parti raccontando il viaggio sin dalla permanenza in Turchia. L’iraniano, con l’aiuto di un album fotografico, ha indicato anche i ruoli sulla barca, dai comandanti (indicati nel turco Gun Ufuk arrestato in Austria, nel siriano che è deceduto e in un’altra persona che risulta irreperibile) mentre per i due pakistani indagati (Khalid Arslan ed il minore) ha detto “hanno dormito con noi nelle case abbandonate di Instanbul prima della partenza verso Izmir” aggiungendo che sulla barca fungevano da intermediari per tradurre gli ordini e per tenere l’ordine. In particolare, poi, ha indicato in aula Sami Fuat come “una persona che non dava ordini ma era evidente che si trattava di una persona importante”.

Naufrago Cutro: “gli scafisti fecero un video promozionale”

Un video promozionale per decantare la qualità dell'”agenzia viaggi” che aveva organizzato la traversata. E’ quello che sono stati costretti a fare i migranti che viaggiavano a bordo del caicco naufragato il 26 febbraio scorso ad un centinaio di metri dalla riva a Steccato di Cutro provocando 94 vittime accertate. A raccontare l’ultimo, choccante, particolare su quel viaggio finito in tragedia, è stato uno dei superstiti, un cittadino iraniano, sentito stamani dal gip di Crotone nell’incidente probatorio nell’inchiesta ai presunti scafisti.

L’uomo ha raccontato che durante il viaggio, gli scafisti girarono dei video a fini promozionali. A loro, spaventati viaggiatori, fu chiesto di comportarsi come turisti in crociera e di inneggiare a colui che si presume sia stato l’organizzatore della traversata, il trafficante che aveva una sorta di “agenzia viaggi” in Turchia. Adesso quei video sono in mano alla Procura crotonese e potrebbero aggravare la situazione degli indagati. E proprio ai presunti scafisti, si è rivolto direttamente, guardandoli in faccia, il teste Rezappourmoghaddam Motjabu.

 

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