Site icon quicosenza

Brt e Geodis accusati di caporalato: «in caso di incidente nemmeno l’ambulanza»

brt 1

MILANO – Per Brt, la storica azienda italiana ex Bartolini attiva nelle spedizioni e colosso della logistica in Italia, la prima per numero di consegne, e per la filiale italiana di Geodis, società dello stesso settore, entrambe controllate da due diversi gruppi francesi a capitale anche statale, è stata disposta l’amministrazione giudiziaria da parte della Sezione misure di prevenzione del Tribunale milanese per caporalato.

Le due aziende erano già finite al centro di tranche di indagini, coordinate dal pm Paolo Storari, con sequestri per un totale di oltre 120 milioni di euro eseguiti dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf milanese, per una presunta maxi frode fiscale realizzata attraverso la gestione, ritenuta illecita, dei cosiddetti “serbatoi di manodopera”, ossia lavoratori messi a disposizione, senza tutele, da società intermediarie e cooperative per le due grandi aziende. Le indagini vedono al centro i settori del trasporto e del facchinaggio e anche il reato di caporalato. Dall’inchiesta è emerso ora pure un nuovo dettaglio, ossia che l’ad di Brt Costantino Dalmazio Manti, secondo l’accusa, avrebbe incassato circa un milione di euro di presunte mazzette per far lavorare le cooperative.

Indagini su Brt, ‘in caso di incidente nemmeno l’ambulanza’

In caso di “infortuni sul lavoro” Brt, ossia il colosso della logistica, evitava “di chiamare l’ambulanza e l’infortunato” veniva “portato in ospedale da una persona di fiducia”. Lo scrivono i giudici della Sezione misure di prevenzione di Milano nel decreto con cui è stata disposta l’amministrazione giudiziaria per caporalato dell’azienda, leader nelle consegne in Italia. Un altro provvedimento è stato eseguito a carico di Geodis, altra azienda del settore della logistica.

Nel provvedimento dei giudici (Rispoli-Cernuto-Spagnuolo Vigorita) vengono riassunte, infatti, le dichiarazioni a verbale di decine di lavoratori che sarebbero stati sfruttati, attraverso un sistema di cooperative in rapporti con Brt. Come hanno chiarito gli operai non avevano diritto a “visite mediche”, né a “corsi di formazione” ed erano gli stessi operai a volte a dover contribuire per comprarsi alcuni “strumenti lavorativi”. Passavano da una “cooperativa all’altra”, si legge ancora, perdendo “ogni diritto di carattere economico”, come gli scatti di anzianità.

E non venivano pagati durante le “ferie” e niente “tredicesima”. Il pagamento “dello stipendio”, si legge ancora, veniva qualificato “come ‘trasferta Italia’ in modo da evitare il pagamento dei contributi”. In alcuni casi venivano pagati solo “a cottimo” per le consegne. Ed era, poi, una persona chiamata “caporale dei caporali”, scrivono i giudici, a scegliere i capi delle varie cooperative su “base etnica”. Un “sistema” questo, scrive il Tribunale che ha accolto la richiesta del pm Paolo Storari nell’indagine della Gdf, che “ha consentito a Brt di risparmiare a tutto detrimento dei lavoratori e dell’Erario la somma di 100milioni di euro all’anno”.

 

Exit mobile version