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Cosenza e l’acqua che non c’è: disagi 365 giorni l’anno. Reti colabrodo, cambiamenti climatici e pochi investimenti

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COSENZA – L’acqua che arriva col contagocce non è più un disagio momentaneo, ma una condizione cronica che penalizza la qualità della vita. Cosenza e la sua provincia negli ultimi anni stanno vivendo un’emergenza idrica senza precedenti. Sorical ha evidenziato che Abatemarco e Capodacqua, due dei più grandi acquedotti regionali sono in crisi. Alimentano 26 Comuni a partire da San Donato Ninea fino all’area urbana Montalto-Rende-Castrolibero-Cosenza.

Secondo i dai rilevati in questi giorni, l’Abatemarco ha subito una riduzione di portata prossima al 30%. Anche l’acquedotto Capodacqua, le cui sorgenti sono più a sud rispetto all’Abatemarco, nel territorio di San Sosti e che alimenta i centri abitati di Settimo di Montalto, Quattromiglia, CEP e parte di Arcavacata registra un calo del 26%. Riduzione che si trasforma in disagi per i cittadini visto che per far riempire gli impianti la Sorical effettua la chiusure dei serbatoi.

Ricchi di acqua ma la metà la perdiamo per le reti obsolete

Ma di fondo c’è il solito grande paradosso della Calabria. La nostra regione ha una grande disponibilità di acqua, in particolare da sorgenti. L’alto volume immesso in rete ci posiziona tra le regioni che erogano più acqua, ben al di sopra della media nazionale. Ma quasi la metà dell’acqua (48,7%) si disperde a causa delle reti obsolete prima di raggiungere gli utenti finali. Questo dato ci posiziona tra le peggiori regioni in Italia. L’inefficienza della rete si traduce in enormi e frequenti disagi per i cittadini. Rispetto al 2023, nel 2024 la situazione si è acuita ulteriormente, con un incremento della durata e intensità delle misure emergenziali.

Quasi il 30% delle famiglie calabresi con disservizi idrici

La Calabria è la regione con la quota più elevata di famiglie che lamentano irregolarità nell’erogazione (29,9%), un valore molto più alto della media nazionale. Basti pensare che in Lombardia, Valle D’Aosta e Friuli la percentuale dei disservizi lamentati varia dall’1,8% a 2,5 %. Diversi i fattori che incidono sulla scarsa o insufficiente disponibilità della risorsa idrica. Se da un lato è vero che ad incidere è il deficit di precipitazioni (pioggia e neve) rispetto alla media climatologica 1991-2020 che in Calabria ha toccato punte del -40%, altro fattore è la forte obsolescenza della rete infrastrutturale idrica. Acquedotti colabrodo costruiti oltre mezzo secolo fa (vedi l’Abatemarco) e che, è il caso di dirlo, che fanno acqua da tutte le parti. A questo di aggiunge il fenomeno del “furto di acqua”. Inoltre quasi il 40% dei calabresi non si fida di bere acqua dal rubinetto. Stessa percentuale anche da chi ritiene che le bollette idrica siano troppe elevate in base al servizio offerto.

L’acqua che non c’è: a Cosenza 365 giorni l’anno con disservizi idrici

La situazione è a dir poco cronica per chi vive a Cosenza città. Secondo l’ultimo rapporto dell’Istat, in occasione della giornata mondiale dell’acqua, nel capoluogo di provincia vengono evidenziate situazioni considerate “mediamente critiche”, con disservizi per parte del territorio e della popolazione residente ogni giorno, 365 giorni all’annonelle ore notturne”. Disservizi che interessano il 60% del territorio per un totale di 38.283 residenti. In pratica la metà dei cosentini residenti in città non ha un giorno in tutto l’anno con una normale erogazione dell’acqua dai rubinetti.

E chi abita a Cosenza sa bene cosa significa convivere con rubinetti a secco, portate ridotte e disagi quotidiani. Una crisi che affonda le radici nel tempo e che, oggi, non risparmia nemmeno i comuni limitrofi, anch’essi alle prese con turnazioni e riduzioni della fornitura. A cominciare da Rende, per finire a Castrolibero, Montalto Uffugo e Mendicino solo per citarne qualcuno. L’Abatemarco recapitava a Cosenza circa 246 l/s (litri al secondo). Nel 2025 si è scesi a 170 Litri al secondo con una riduzione del 30%. Realizzato dalla Cassa del Mezzogiorno negli anni ’70 per risolvere definitivamente il problema idrico di Cosenza, l’uso dell’acquedotto era destinato ‘unicamente’ alla città dei Bruzi. Si giunse a questa decisione dopo aver constatato che sarebbe stato più difficile utilizzate le insufficienti sorgenti della Sila per farle arrivare in città. Nei suoi oltre 80 Km di percorso che da San Donato di Ninea fino a Cosenza, viene “spremuto” anche da altri comuni (25). Tra questi una parte di Rende (compresa l’Università di Arcavacata) che usufruisce di una portata maggiore di acqua rispetto agli altri comuni. Cosenza, terminale finale, della rete rimane spesso a secco. Ad alleviare la sofferenza dei cosentini i 4 pozzi su Colle Mussano ma non basta.

In pieno centro solo due ore di acqua

In pieno centro cittadino, in un appartamento al primo piano, il flusso idrico arriva verso le 7:00 del mattino per poi diminuire verso le 11:00 e poi scompare già intorno a alle 12:30. In molte zone la durata del servizio si riduce addirittura a due ore. E chi vive ai piani alti, spesso, non vede nemmeno un filo d’acqua. Senza cisterne, cassoni privati e autoclavi condominiali, per molti sarebbe impossibile bere, cucinare o lavarsi.

Mancanza di investimenti e il ruolo di Sorical

Sorical gestisce le grandi infrastrutture (captazione e adduzione) e fornisce acqua all’ingrosso a oltre 380 Comuni della regione. Gestisce le infrastrutture idriche fondamentali: grandi acquedotti, dighe, adduttrici, serbatoi, impianti di potabilizzazione. L’affidamento del Servizio Idrico Integrato (che include la distribuzione al dettaglio, la fatturazione e le utenze) è avvenuto gradualmente. Un esempio recente è il subentro nella gestione per i 14 comuni del Crotonese (ex Consorzio Congesi) a partire da gennaio 2025.

Entro il 31 dicembre 2026 avrà in carico il servizio per l’intera popolazione ed oltre 1 milione di utenze attive. Un’operazione che le consente di acquisire: 792 sorgenti, 1.200 serbatoi, oltre 9.254 chilometri di reti idriche, 7.800 chilometri di reti fognarie e 536 impianti di depurazione. Allo stato dell’arte ufficialmente distribuisce l’acqua potabile a 380 Comuni ed enti attraverso 4.500 chilometri di condotte, 236 sorgenti, 2 dighe e 14 impianti di potabilizzazione. La società, a dicembre 2024 aveva debiti in bilancio per circa 119 milioni di euro e un valore della produzione di 123 milioni di euro, riscuoterà a breve le tariffe uniche stabilite dall’ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente). Attualmente Sorical ha circa 250 dipendenti e i loro stipendi nel 2023 sono costati 14 milioni di euro. Da 20 anni ha l’incarico per “il completamento, l’ammodernamento e l’ampliamento” della rete e “lo svolgimento del servizio idropotabile all’ingrosso in favore di tutti gli utenti/Comuni calabresi” per effetto di una convenzione con la Regione Calabria. Il nuovo ente ARRICAL (Autorità Rifiuti e Risorse Idriche Calabria a cui partecipano tutti i comuni calabresi) le ha affidato la gestione dell’intero ciclo, dalle sorgenti in montagna agli scarichi in mare, fino al 2052.

A pesare è anche la mancanza di investimenti. Come ha evidenziato il consigliere delegato al Cis e Agenda urbana con delega al PNRR di Cosenza Francesco Alimena “Pochissimo è stato fatto negli anni precedenti ma l’amministrazione Occhiuto, grazie al PNRR, aveva la possibilità di risolvere finalmente la grande sete calabrese. Non solo ha perso l’occasione delle centinaia di milioni di finanziamenti PNRR ma si è concentrato sul riorganizzare le poltrone. Una manovra puramente amministrativa, che finora non ha risolto nulla e ha creato solo un cortocircuito istituzionale. Risultato? I cittadini continuano a pagare le conseguenze: meno acqua, più disservizi. Non è tollerabile che in una regione ricca di risorse idriche i cittadini vengano privati di un diritto fondamentale. Serve un piano straordinario per riparare le reti, usare finalmente non solo i fondi PNRR ma anche e soprattutto i fondi di coesione, modificati grazie alla revisione di metà mandato inserendo l’idrico tra le priorità di questa programmazione, e garantire a tutti l’accesso a un servizio essenziale che non può cadere preda dell’ennesima incapacità amministrativa regionale”.

 

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