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Droga: la ‘ndrangheta nella Capitale, tra gli arrestati un calabrese considerato il capo

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ROMA – I carabinieri della compagnia Casilina hanno eseguito stamattina nel quartiere romano Quarticciolo sei misure cautelari nei confronti di quattro uomini di 50, 44 e 25 anni, e due donne di 41 e 46, tre finiti in carcere e altrettanti ai domiciliari. Le accuse a vario titolo, sono di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope e produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope.

L’indagine ha consentito di raccogliere gravi elementi indiziari in ordine all’esistenza di un’associazione criminale strutturata, composta da soggetti italiani che gestivano la vendita al dettaglio di cocaina, crack e hashish nel quartiere Quarticciolo, dove si trova una delle piazze di spaccio principali della Capitale.

Al vertice del gruppo, un uomo di origini calabresi, lametino, destinatario della misura cautelare in carcere, e già condannato in via definitiva per associazione di tipo mafioso, attualmente detenuto nel carcere di Parma, ed appartenente con ruoli di rilievo in una cosca ‘ndranghetista di Lamezia.

Nel corso dell’indagine, i carabinieri hanno stimato un giro d’affari che si aggira intorno ai 500 mila euro su base annua tra il 2019 e il 2022. Inoltre, per garantirsi la lealtà degli appartenenti, i proventi dell’illecita attività venivano utilizzati dall’organizzazione anche per garantire il sostentamento delle famiglie degli indagati quando questi ultimi erano detenuti e per il pagamento delle spese legali, creando di fatto un “ammortizzatore sociale”.

Coinvolti anche i minorenni

I carabinieri hanno accertato anche il coinvolgimento diretto di minorenni, uno dei quali – durante le indagini – è stato anche arrestato in flagranza per spaccio. Una piazza di spaccio organizzata attraverso una gerarchia con una netta divisione dei ruoli e di turni organizzati tra gli appartenenti all’associazione. Gli indagati ricorrevano ad un linguaggio criptico per riferirsi alle dosi, chiamate “conetti” o “biglietti“. Quando invece uno dei sodali doveva effettuare un grosso carico di stupefacente, diceva di doversi recare a una “festa“.

Una cantina adibita a bunker

Un ambiente chiuso dall’interno munito di videosorveglianza e di due lampadine colorate azionate dall’esterno che avevano la funzione di segnalare al pusher l’arrivo delle forze dell’ordine.

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