COSENZA – Il folklore di alcune regioni italiane viene alimentato anche attraverso i giochi di una volta, che oggi sembrano essere caduti quasi in disuso. Si tratta di giochi di carte come di veri e propri giochi di strada. Nel primo caso, trovandoci nel Sud Italia, erano soprattutto i mazzi napoletani a rendersi utili allo scopo: 40 carte con 3 figure per seme, abbastanza per imbastire lunghe partite in compagnia. Non mancano comunque giochi poco noti che si praticano invece con le carte francesi e che si riassumono in varianti di altri, come il burraco semipulito o la mini canasta. Uno dei giochi di carte più popolari in Calabria è sempre stato la calabresella, che si presenta come una sorta di versione alternativa del tressette. Il numero minimo di partecipanti richiesto è pari a 3, ma si può arrivare anche a 7. In genere si gioca in coppia contro un solo giocatore e a turno la formazione delle coppie cambia.
Lo scopo è quello di aggiudicarsi il maggior numero di turni, ottenendo un punteggio più alto di quello degli altri in base al valore delle carte. Tra le opzioni a disposizione dei giocatori rientra la possibilità di passare, di chiedere carta o di giocare da soli. Ogni giocatore gode di un proprio appellativo come “terziglio”, “quartiglio” o “quintiglio”. Di solito vince chi giunge per primo a un totale di 21, 31 o 41 punti. Proprio come per il Tressette, infatti, appare complicato inquadrare un regolamento univoco. Anche per questo attrazioni del genere faticano a trovare spazio online, ma piuttosto contribuiscono ad alimentare la loro aura di giochi di nicchia, a maggior ragione più preziosi da un punto di vista prettamente socio-culturale.
Un altro gioco molto popolare in Calabria, ma diffuso anche nel resto dell’Italia meridionale, è “patruni e sutta”, che in dialetto siciliano significa letteralmente “padrone e sotto”. Anche in questo caso si è soliti utilizzare i mazzi napoletani. Per giocare occorre un minimo di 4 persone, fino ad un massimo di 8, che si dividono in squadre. Le regole sono praticamente mutuate da altri giochi: in una fase iniziale si gioca di fatto con le regole della scopa e chi consegue la primiera dal valore più elevato diventa il “patruni” e il secondo col punteggio più alto viene nominato “sutta”. I due decidono quindi chi sarà costretto a bere per penitenza.
Esistono comunque più versioni di questo gioco e le regole possono variare facilmente. In qualche caso è chi si ritrova in mano con la figura della donna a decidere chi berrà. In genere, comunque, il “sutta” indica con precisione il penitente di turno, mentre il “patruni” ha la facoltà di confermare o rifiutare quel nome. I due possono anche non appartenere alla stessa squadra, il che dà spesso vita a simpatici siparietti. Va da sé che un gioco del genere, che prevede altre azioni specifiche che non hanno a che vedere materialmente con le carte, non può essere riprodotto sulle piattaforme digitali di oggi.
Infine, non si può non citare lo scippa core, noto anche col nome di creapa core, nel quale si deve cercare semplicemente di prendere ogni carta presente sul tavolo, tirando a turno quella che si possiede in mano in maniera completamente casuale. Le carte più ambite e ricercate corrispondono agli assi, ai 2 e ai 3: il loro valore nominale comunica la quantità di carte che il partecipante successivo dovrà necessariamente giocare. Come nella scopa, l’autore dell’ultima presa ha diritto a prelevare dal tavolo tutte le carte rimanenti. Se si rimane in assenza di carte si è automaticamente estromessi dal gioco. A vincere è invece chi riesce a impadronirsi anche delle carte degli altri giocatori.
