COSENZA – Si è conclusa, dopo quasi 6 ore, la lunghissima deposizione di Donata Bergamini, sorella dell’ex calciatore del Cosenza, per la cui morte si sta celebrando il processo in Corte D’Assise e che vede come unica impuntata l’ex fidanzata Isabella Internò (in concorso con ignoti), che questa mattina era presente in aula.
Dopo gli esami svolti dal PM e dall’avvocato di Parte civile, oggi è toccato all’avvocato della difesa, Angelo Pugliese, controinterrogare Donata Bergamini. Si è partiti dai rapporti e dalle conoscenze di Donata Bergamini nei confronti degli avvocati che hanno assistito la famiglia nel corso degli anni, ma anche di giornalisti e di trasmissioni televisive che si sono occupate del caso, fino ai politici (nazionali e locali) e alle interrogazioni parlamentari fatte da alcuni esponenti.
Le polizze assicurative
Il difensore dell’imputata ha poi chiesto a Donata se fosse a conoscenza del numero di polizze assicurative intestate allo sfortunato calciatore rossoblu e delle somme di danaro incassate per la sua morte. Donata ha risposto di ricordare solo la somma di una polizza sugli infortuni di 4,5 milioni di vecchie lire (per l’infortunio al ginocchio). “E se non ricordo male – ha proseguito Donata – anche un’assicurazione dove i calciatori versavano una parte di denaro e quando finivano la carriere i soldi venivano dati anche agli eredi (circa 14 milioni)”.
Il legale di Isabella internò ha chiesto se ricordasse altre polizze e la richiesta, da parte della famiglia, di incassare le somme nell’immediatezza della morte del giocatore. “Non sono in grado di ricordarlo in questo momento – ha risposto Donata”. L’avvocato Pugliese ha mostrato a Donata una fotocopia con la sua firma e quella dei suoi familiari sulle richieste di liquidazioni di altre assicurazioni e ribadisce che le polizze erano in totale 4: Assisport, La Previdente Assicurazioni, Ras Assicurazione e Milano Assicurazione. “Io non ricordo l’importo di tutte. Ricordo solo – afferma Donata – quelle del Cosenza Calcio, quelle di 4,5 milioni al ginocchio e quella di fine carriera ma le altre non le ricordo. Di sicuro l’avvocato si sarà attivato per cercare di recuperare le somme.
Il Libro di Petrini
Momento cruciale del lunghissimo controesame è il libro di Petrini “Il calciatore suicidato” con le dichiarazioni rese allo scrittore da Domizio Bergamini. Libro che la famiglia e la stessa Donata ha sempre contestato, per alcune dichiarazioni ritenute non veritiere e riportate nel libero, dove si batteva la pista della droga e del calcioscommesse. Donata afferma che “lo stesso Petrini si scusò con noi e non abbiamo mai inviato lettere di smentita a Carlo Petrini”. L’avvocato Pugliese ha chiesto perché, se la famiglia si fosse detta contrariata sul contenuto di libro, ne avesse comunque regalato delle copie. Donata risponde “vi dirò di più. Quando facemmo un incontro con l’associazione nel 2009 Petrini ci invio anche delle copie e le distribuimmo. Me ne occupai direttamente io. Lo feci perché in quel momento, anche se era doloroso e l’immagine che usciva di mio fratello era brutta, per noi importantissimo tenere alta l’attenzione sulla sua morte, perché finalmente qualcuno iniziò a parlare. Lo fecero finalmente anche sullo Ionio, visto che a Cosenza già se ne parlava. Mio papà ha sempre parlato di omicidio. La teoria che si fosse suicidato per noi era insopportabile, anche dopo tutto quello che avevamo visto”
L’orologio di Denis
L’avvocato Pugliese chiede a Donata dei vestiti, dell’auto e dell’orologio chiedendo se fosse stato consegnato rotto alla famiglia e qualcuno lo abbia potuto poi consegnare (nel 2009) per le successive indagini aggiustato. Donata lo esclude “non esiste questa domanda. L’orologio l’ha messo su mio padre un paio di volte per il dolore che aveva, ma mai nessuno ha aggiustato nulla, perché quando fu consegnato a mio padre dal brigadiere Barbuscio l’orologio era intatto”. L’avvocato chiede a Donata se su tutti quelli posseduti dal calciatore ne fu consegnato solo uno in particolare “Io ricordo solo – spiega Donata – che quando abbiamo visionato le foto a colori sul computer abbiamo visto esattamente qual era l’orologio indossato da Denis al polso. Prima quell’orologio non lo aveva visionato nessuno”.
L’avvocato Pugliese chiede se il quadrante fosse nero o bianco? “Non ho problemi a rispondere questo – ribatte Donata- io ricordo esattamente che quell’orologio funzionava, che lo aveva mio padre ma non ho notato se il quadrato se fosse bianco o nero. A me avevano ammazzato un fratello!. Quando mi arrivarono le foto a colori – prosegue Donata – l’avvocato Gallerani si accorse che l’orologio non era quello che aveva mostrato mio padre. Ci chiese, quindi, di prendere tutti gli orologi di Denis. Abbiamo visto quello della foto, lo abbiamo confrontato con quelli di Denis e abbiamo consegnato quello che si vedeva nella foto”.
La Maserati
Sulla Maserati Donata spiega che dopo averla tenuta per un po’ di tempo ad Argenta, fu data ad alcuni amici di famiglia “anche perché per mia madre era un dolore vederla ogni volta”. Pugliese chiede se fossero stati fatti dei lavori all’auto “Dentro non so, di fuori forse è stata lucidata. So che è stata usata davvero poco, mi sembra solo per un viaggio all’estero. Poi venne riacquistata da noi in un secondo momento. Quando? Chiede Pugliese “forse quando furono riaperte le indagini”.
L’avvocato Pugliese ha anche chiesto dei chiarimenti sulla presenza dell’imputata nei momenti successivi alla morte di Denis. “La signora Internò – ha detto Donata Bergamini – non l’ho vista la sera al nostro arrivo, non era in caserma e neanche in ospedale. L’ho rivista al funerale e poi basta. Ci siamo sentite solo alcune volte al telefono. L’ultima – prosegue la teste – è stata quando la Internò mi disse che Denis avrebbe voluto che la Maserati fosse lasciata a lei. Ho sempre detto che mio fratello era stato ucciso e che la Internò c’entrava, io riconduco tutto all’aborto. Lei era lì ed ha detto falsità”.
I documenti
Pugliese chiede se fosse mai avvenuta una perquisizione nelle abitazioni per acquisire della documentazione relativa al calciatore “Nel 1989 no – spiega Donata. Successivamente siamo stati noi a consegnare tutto quello che avevo. Quello che mi chiedevano io davo”. Il Pm Primicerio interviene spiegando che la famiglia provò a dare all’allora Procuratore Abate diversa documentazione, ma furono acquisiti solo una lettera un bigliettino “Tutte le volte che venivo chiamata dai carabinieri, visto che il Pm Abate non mi credeva, tutto quello che io avevo consegnavo perché non avevo nulla da nascondere” ribadisce Donata.
L’avvocato Pugliese chiede se le uniche persone che abbiano potuto visionare tutte le carte e la documentazione (poi acquisita successivamente) siano state solo lei e la sua famiglia. Donata spiega “io al mio avvocato ho fatto vedere tutte le carte che aveva. Poi è stato l’avvocato Gallerani che ha scelto cosa presentare dopo averli guardati, io non sono mica un avvocato”. Pugliese chiede se ha sempre ritenuto giusto l’operato dei suoi legali? ”Alcune cose non mi andavano e lo dicevo perché erano i miei legali” evidenza Donata ”Qualche volta, forse una volta sola, non hanno concordato la linea difensiva con me” (l’avvocato Gallerani n.d.r.). In che occasione chiede Pugliese? “Quando è arrivato il giornalista Marco Cribari”.
“Abbiamo chiesto di sentire i precedenti avvocati della famiglia Bergamini, Gallerani e Toschi, per capire come è nato questo processo” ha ribattuto Pugliese “perché tutti questi atti sono quelli che la famiglia Bergamini ci ha dato, ma siamo sicuri che siano tutti?“.
La depressione e l’argomento HIV
Pugliese torna a parlare del libero di Petrini “suo padre parla di uno stato quasi depressivo di Denis“. Donata a questo punto ride e la presidente Lucente mette agli atti che la risata è “una risposta per indicare che il fratello non fosse depresso”. Donata ribadisce che nei giorni che hanno preceduto la sua morte era sereno e giocoso. “Quando veniva a casa mia – ha aggiunto – guardavamo film di Renato Pozzetto. Quello era il periodo più bello della sua vita“.
Pugliese a questo punto introduce il discorso della possibile sieropositività del calciatore. Donata risponde “non lo posso escludere perché non potevo saperlo ma non avrebbe mai baciato mia figlia”. Pugliese insiste “Denis, almeno nell’ultimo periodo, ha avuto una vita un po’ movimentata, aveva tante donne”. Donata ribatte “io non ho detto che nell’ultimo periodo aveva tante donne. Ho detto che nell’arco della sua vita ha avuto diverse donne. Erano anche amiche, lei non ha amiche?”.
Pugliese riprende un passaggio dell’avvocato Andrea Toschi quando venne fatta la perizia nel 1990 (l’autopsia). In particolare al consulente di parte l’avvocato Toschi chiese «se ai reperti si possa dichiarare l’esistenza di una malattia e accertare se il soggetto fosse sieropositivo». Donata risponde di averlo letto solo nei verbali e di non ricordare. A questo punto il Presidente della corte Paola Lucente, ha stoppato l’avvocato Pugliese non ammettendo più domande su questo argomento. “È stato introdotto l’argomento dell’Hiv – è stato il commento, il primo dall’inizio del processo, dell’avvocato Pugliese a fine udienza – e questo secondo noi spiega alcune dinamiche dei fatti, poi bisognerà vedere l’interpretazione che darà la Corte.
L’intervista con Alfredo Iuliano
Altro momento del controinterrogatorio l’intervista rilasciata ad Alfredo Iuliano, (padre dell’ex calciatore della Juve) nonché compagno di squadra alla Juventus di Michele Padovano e nella quale strappò il microfono a Iuliano. “Ricordo che uscì su Youtube e sapevo che era un giornalista locale – ha riferito Donata. Fece un’intervista a mio padre ma io ascoltai solo da un certo punto e mi arrabbiai. Le sue domande vertevano quasi tutte sulla droga e su Padovano. Sinceramente non capivo perché insisteva tanto quasi volesse collegare la morte di Denis all’inchiesta sulla droga in cui fu coinvolto Padovano”.
Si torna in aula il 28 aprile mentre a maggio la Corte si sposterà a Bologna per ascoltare altri teste.
