COSENZA – Un medico internista calabrese su tre pensa di lasciare il camice bianco in anticipo. Sono in aumento anche i medici che lasciano il pubblico per il privato. Il 46% dei medici pensa alla pensione anticipata e il 38,7% dei non pensionabili vorrebbe lasciare il pubblico. Uno su dieci inoltre vorrebbe addirittura cambiare mestiere e, se tornasse indietro, non sceglierebbe più di iscriversi a medicina. Mentre l’idea di pagare meglio gli straordinari, come previsto dalla manovra finanziaria, rappresenta la ricetta idonea a tagliare le liste d’attesa solo per il 6% degli intervistati.
È quanto emerge da un’indagine condotta da Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri, su un campione rappresentativo di camici bianchi di tutte le regioni italiane. La motivazione maggiore al pensionamento anticipato (57%) è la paura di un taglio all’assegno pensionistico, magari con misure retroattive, mentre il 30% indica gli eccessivi carichi di lavoro. La bassa retribuzione motiva invece poco più del 2% e la voglia di chiudere la carriera all’estero il 9%. Ma anche chi non è in età da pensione, nel 38% dei casi valuta di lasciare il servizio pubblico: il 21% per andare nel privato, il 4% all’estero e un 12% di scoraggiati pensa di cambiare del tutto attività. Il 36% di intervistati poi alle condizioni attuali, potendo tornare indietro nel tempo, non farebbe più il medico. I dati indicano inoltre che meno di un medico su dieci (il 9,8%) pensa invece che gli straordinari meglio retribuiti possano risolvere il problema delle liste di attesa; per il 41,2%, invece, il problema dovrebbe essere affrontato assumendo personale.
“Anche in Calabria – sostiene il presidente regionale di Fadoi, Raffaele Costa – sono purtroppo sempre più numerosi i medici che per scelta lasciano il servizio pubblico per migrare nel privato, anche lontani dall’età pensionabile, o che cercano di anticipare la loro uscita. Le cause di questo grave deflusso sono da identificare prevalentemente nei turni massacranti da svolgere in reparti come quelli internistici in cui vengono ricoverati pazienti sempre più anziani, complessi, difficili da gestire per tutto il personale, medico e infermieristico. Personale che frequentemente è ridotto al lumicino, con un effetto a cascata di disagi, problematiche e malcontento generale. Tuttavia – dice ancora Costa – i medici calabresi complessivamente, come emerge dall’indagine Fadoi, continuano a credere nel Servizio sanitario nazionale, indicando nell’assistenza e nel diritto alla salute lo scopo della professione medica e non il mero interesse economico che, pertanto, avrebbe ben poca ragione di esistere”.
