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Randagismo in Calabria: fenomeno ignorato da Comuni e Aziende sanitarie, sulla pelle dei cani

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COSENZA – Nel Sud Italia i dati sono impietosi ed è facile trovare conferma a pochi passi da noi. A Cosenza, Rende ma un pò in tutta la regione, il randagismo è un problema non affrontato, malgestito, delegato troppo spesso alle associazioni e ai volontari che non hanno risorse e sono spinti dall’amore e dal rispetto per questi ‘esseri viventi’. Inoltre rappresenta una spesa immane per i Comuni che però, non fanno molto o quasi nulla per arginarlo. I canili sono al collasso, e giorno dopo giorno, arrivano segnalazioni.

Il territorio del comune di Rende, di recente, è quello dove si registra una maggiore presenza di randagi con aree più critiche (l’area del centro storico, il cimitero, dell’università).

Ma numerosi avvistamenti di cucciolate arrivano anche da Roges e da Quattromiglia. La soluzione per molti Comune e per l’Asp è di ‘accalappiare’ e trasferire gli animali in canile costringendoli alla reclusione forzata, cani che non meritano di vivere dietro le sbarre per colpa di chi, non si occupa come dovrebbe, della gestione del fenomeno.

Da anni le associazioni di volontariato presentano idee, progetti e proposte utili e anche meno dispendiose e più efficaci, ma restano puntualmente inascoltate. La risposta al randagismo infatti è la ‘sterilizzazione‘ delle femmine, e la re-immissione sul territorio dei cani non ritenuti aggressivi. Ogni Comune infatti, spende migliaia e migliaia di euro per ‘mantenere’ i cani in canile, pochi sono quelli che si occupano di favorire le adozioni, ed il risultato è che a pagare sono sempre loro, i quattrozampe sfortunati che non trovano famiglia, spesso soggetti anche alla meschinità di chi, talvolta, si ‘fa giustizia da solo’. Per non parlare di chi non registra il proprio animale domestico all’anagrafe canina o, peggio, chi li abbandona.

I dati impietosi di Legambiente: “In Italia 2 milioni di cani non registrati”

In Italia, ad oggi, mancano all’appello dell’anagrafe canina almeno 2 milioni di cani, di cui 1,5 milioni localizzati in sole 5 regioni del centro sud: Sicilia, Calabria, Campania, Puglia e Lazio. In particolare, a preoccupare nel 2022 è il numero dei cani vaganti che in tutta la Penisola oscilla tra 700 e 400mila e quello dei cani randagi (senza proprietari che li rivendicano) tra 350 e 200mila.

E’ quanto emerge dal XII rapporto nazionale di Legambiente ‘Animali in città 2023’ sulle performance 2022 dei Comuni e delle Aziende sanitarie nella gestione degli animali nelle città italiane reso noto in occasione della Giornata internazionale del cane randagio. La mancanza di monitoraggio, di regolamentazione e controlli restano i principali talloni d’Achille sui cui Amministrazioni comunali e Asl devono lavorare, secondo l’associazione ambientalista. Presentando il rapporto, Legambiente ha rilanciato tre proposte: potenziare l’approccio One Health, arrivare ad assumere a tempo indeterminato 10.000 veterinari pubblici in servizio entro il 2030, rendere pienamente operativo in tutte le regioni d’Italia il Sistema Informativo nazionale degli Animali da Compagnia (Sinac)” – alias anagrafe unica nazionale obbligatoria per tutti gli animali d’affezione – fondamentale per prevedere, organizzare e correttamente fornire i necessari servizi ai cittadini.

Nel 2022, sono 71mila i cani abbandonati. Diminuite del 12% le adozioni dai canili

Dai dati forniti dalle Amministrazioni comunali, si stimano 71.000 cani abbandonati con una lieve flessione dell’1% rispetto al 2021, anno in cui, però, si era segnato un significativo aumento sul 2020 pari al 43%, come conseguenza dell’acuirsi della crisi socioeconomica scaturita dopo la pandemia e del cessare delle condizioni nate con lo smart working una volta conclusa l’emergenza. Fattori che hanno influito anche sul numero delle adozioni dei cani dai canili rifugio, dato che a partire dal post pandemia segna un trend in diminuzione, dal 53% del 2020 al 41% nel 2022 (-12%). Lo indica Legambiente in ‘Animali in Città’, il XII rapporto nazionale sulle performance 2022 dei Comuni e delle Aziende sanitarie nella gestione degli animali nelle città italiane.

I questionari ai Comuni

Ai questionari inviati da Legambiente, hanno risposto in modo completo 552 Amministrazioni comunali su 7.904 totali e 38 Aziende sanitarie su 112 totali. Il dato complessivo che emerge è che il 39,5% tra le Amministrazioni comunali (più di una su tre) e il 94,7% tra le Aziende sanitarie (più di nove su dieci) hanno raggiunto performance almeno sufficienti rispetto al complesso dei 36 indicatori utilizzati per i Comuni e 25 per le Aziende sanitarie. Di fronte a una crescente spesa pubblica italiana del settore – che nel 2022 è stata pari a 229 milioni di euro (+ 5% rispetto al 2021) di cui 181 milioni in capo ai Comuni (3,1 euro/cittadino) e 48 milioni alle Aziende sanitarie (0,82 euro/cittadino) – non ne corrisponde una gestione efficiente. Una spesa pubblica che equivale a circa 6 volte la somma impegnata per la gestione di tutti i 24 Parchi nazionali e addirittura a 30 volte la somma impegnata per la gestione di tutte le 27 Aree marine protette. Solo il 43,8% delle Amministrazioni comunali che ha fornito dati dichiara di conoscere con esattezza i numeri delle strutture dedicate agli animali d’affezione presenti sul territorio (tra le quali rientrano anche i canili rifugio). Percentuale che cala al 40% per quel che riguarda la conoscenza delle colonie feline. Ancora più bassa la soglia dei Comuni che hanno dichiarato di avere spazi aperti dedicati agli animali d’affezione (solo il 37%) con differenziazioni tra nord e sud.

Solo il 41,8% dei Comuni (231 su 552) dichiara di conoscere il numero complessivo dei cani iscritti in anagrafe canina nel proprio territorio, pari ad 1.176.322 cani. Percentuale che cala al 39,3% per quel che riguarda la consapevolezza delle nuove iscrizioni avvenute nell’anno 2022, pari a 70.128 cani. Solo il 7,4% dei Comuni ha regolamentato possibili agevolazioni fiscali per le adozioni dei cani e appena il 6% quelli che hanno previsto regolamenti con agevolazioni o oneri fiscali per il controllo delle popolazioni. Quanto alla sterilizzazione, nonostante un leggero incremento rispetto al 2021 del 3%, solo il 50% delle Aziende sanitarie ha dichiarato di aver effettuato azioni di prevenzione, con la sterilizzazione di 4.881 cani (il 18% rispetto ai cani dichiarati entrati nei canili sanitari) e 21.042 gatti (circa il 14% di quelli presenti nei gattili sanitari o nelle colonie feline, nelle quali oltre 130.000 gatti risultano non sterilizzati). Infine, per quel che riguarda i controlli, meno di 1 Comune su 2 (il 42,9%) ha effettuato specifici controlli e solo il 53,6% dichiara di aver dotato il proprio personale di lettore microchip. Di questi, ne risultano in totale 491, ossia in media 1,7 per ciascuna delle 296 Amministrazioni comunali che li hanno dichiarati.

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