SANREMO – Alberto Muraglia, ex vigile di Sanremo, passò alla ribalta della cronaca perché immortalato dalle videocamere della Guardia di Finanza mentre timbrava il cartellino in mutande. Accusato di truffa e di infedele timbratura fu licenziato. Ora non solo dovrà essere reintegrato dal Comune, ma gli spetta, a titolo di risarcimento del danno, la retribuzione globale dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegra, dedotto quanto percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative. E’ quanto stabilito dalla sezione lavoro della Corte d’Appello di Genova.
Ora sono state rese note le motivazioni. Il giudice ritiene per quel che riguarda l’oramai ex vigile che “la timbratura in abiti succinti non costituisce neppure un indizio di illiceità penale e ha una sua spiegazione logica”. Esisteva, infatti, una disposizione del comandante della polizia locale secondo cui Muraglia, in funzione di custode, doveva timbrare dopo aver aperto il mercato municipale e in abiti borghesi, il cosiddetto “tempo tuta”.Le motivazioni, con le quali il giudice ha spiegato perché a gennaio ha deciso di assolvere dieci impiegati del Comune di Sanremo, tra cui Muraglia, smontano la tesi accusatoria, dando atto al pm di aver fatto del suo meglio sulla base, però, di un impianto viziato da errori di interpretazione e clamorose sviste investigative.
