Dalle intercettazioni il racconto della ‘trappola’, il magazzino con le armi a Rende, e un misterioso personaggio di Lauropoli
COSENZA – Tre omicidi per un prestito da 17mila euro. Un’ipotesi poco credibile sulla quale continuano i processi a carico di Francesco Attanasio e Luigi Galizia. Per il primo, che ha scelto di essere giudicato con rito abbreviato, nei giorni scorsi a Catanzaro è stata richiesta una pena pari a 18 anni di reclusione e nei prossimi mesi si deciderà sulla sua eventuale condanna. Il trentaquattrenne, ex cronista sportivo della Gazzetta del Sud, che formalmente lavorava nel settore della comunicazione quale editore di un quotidiano on – line universitario si è autoaccusato, dopo una lunga ‘riflessione’, dell’uccisione di un suo caro amico: Damiano Galizia. Ritrovato cadavere in un tappeto, di un appartamento all’interno del residence la Collinetta di contrada Dattoli ad Arcavacata di Rende, nel giorno in cui nasceva suo figlio, Galizia era il nipote di Costantino Scorza presunto boss di San Lorenzo del Vallo.
Suo zio è ritenuto elemento di spicco del clan Presta cosca sodale al gruppo Lanzino di Cosenza. La scoperta della sua morte avviene a poche ore dal ritrovamento di un arsenale di armi all’uscita dell’autostrada di Cosenza Nord. A distanza di qualche mese, la madre e la sorella del presunto assassino Edda Costabile e Ida Attanasio, di 77 e 52 anni vengono freddate a colpi di arma da fuoco nel cimitero di San Lorenzo del Vallo. Un chiaro ‘invito a tacere’ rivolto ad Attanasio dopo l’incendio della cappella in cui riposa da oltre trent’anni la salma del fratello, morto in giovane età a causa di un incidente stradale, che portava il suo stesso nome. Gli inquirenti però ipotizzano si tratti di una vendetta trasversale di cui è accusato quale esecutore materiale Luigi Galizia, fratello del ragazzo ucciso ad Arcavacata.
PARLA LA MOGLIE DI ATTANASIO
Oggi in aula, durante il processo che si sta celebrando presso la Corte d’Assise di Cosenza, la moglie di Attanasio ha ricordato, alla presenza del collegio giudicante presieduto da Giovanni Garofalo, quali fossero i rapporti tra i due. La giovane farmacista disoccupata, ha dichiarato di non aver mai chiesto nulla a suo marito in merito alla sua professione. Sapeva che andava in Albania per lavoro. Nulla di più. “Non ho mai approfondito” ha spiegato. In casa non mancava nulla: due auto, un gommone, una casa in fitto e la possibilità di mantenere un figlio senza lavorare. Alla donna bastava ciò per non ‘impicciarsi’ degli affari del marito con il quale non ha più rapporti dal momento del ritrovamento del cadavere di Galizia. Tutto quello che sa, dice di averlo appreso dai giornali. Non conosce i rapporti che vi fossero tra suo marito e l’amico Galizia, ma ricorda di essere andata in viaggio di nozze insieme a lui e la sua compagna dopo il matrimonio. Ignora se a pagare la crociera per tutti fosse stato Francesco Attanasio e quanti conti corrente avesse intestati.
Il pm Giuliana Rana ha poi ricordato il contenuto di un’affermazione captata tra gli ambienti frequentati da Galizia e Attanasio: “Noi non tocchiamo la moglie e il figlio, ma lei non deve andarlo a trovarlo in carcere, deve chiedere il divorzio e cambiare cognome al figlio”. In effetti la donna ha oggi confessato di avere intenzione di chiedere la separazione. Un decisione che però avrebbe maturato spontaneamente senza essere mai stata ‘avvicinata’ o minacciata. Alcuni stretti familiari della donna, Marianna Nardo di Sorianello, pare abbiano precedenti penali per associazione a delinquere e siano stati coinvolti nella prima faida dei boschi che contrappose il clan Vallelunga, uscitone vincente, ai clan Ciconte-Emanuele-Nardo di Sorianello e Gerocarne. Dei diciassettemila euro che Galizia avrebbe prestato a suo marito, motivo per il quale a detta di Attanasio scattò il litigio che portò all’omicidio di Arcavacata, non sa nulla. Così come nessuna informazione aveva avuto del magazzino in cui era stipato l’arsenale di armi cui gestione fu attribuita da Attanasio all’amico Galizia.
LA TRAPPOLA
Il garage in cui fece irruzione la polizia trovando numerose armi, tra cui kalashnikov e mitragliette Uzi, dalle intercettazioni captate sembrerebbe fosse una ‘trappola’. Questa la definizione che ne fece Luigi Galizia il quale pochi giorni prima dell’uccisione di Edda Costabile e Ida Attanasio ripeteva di sentirsi pedinato e di temere che il proprietario dell’arsenale di Quattromiglia volesse fargli del male. Una paura che attanaglia anche lo stesso presunto assassino di Galizia che dal carcere chiede di continuo ai familiari “è successo qualcosa? è venuto qualcuno?”. Nel frattempo Luigi Galizia viene intercettato all’interno della sua Audi, mentre racconta ad un’amica che non vedeva da mesi cosa fosse successo.
Durante la conversazione afferma che Attanasio “infame e traditore che è stato sempre aiutato” avrebbe teso una trappola al fratello “gli è andato a mettere le armi in un’altra parte e ha detto che erano di Damiano”. Poi durante un incontro con un amico mai identificato dagli investigatori si parla di una pistola e di un delitto. “La vedi la pistola dov’è?” afferma il ragazzo di cui ad oggi restano ignote le generalità, “li ha sparati sei/sette colpi?”. “A una mano, si che li ha sparati. E’ di Lauropoli” avrebbe risposto Galizia prima di scomparire per poi consegnarsi alle forze dell’0rdine senza mai autoaccusarsi del duplice omicidio avvenuto nel cimitero. Resta da capire a chi e cosa si riferisse.
In foto Francesco Attanasio e l’appartamento in cui fu rinvenuto il cadavere di Galizia
LEGGI ANCHE
Reo confesso dell’omicidio di Arcavacata, in aula per l’uccisione di madre e sorella
