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VIDEO – Uccisa mentre era appartata in un’auto, 4 persone fermate tra cui il killer

conferenza stampa omicidio fortugno fortunata 02

L’operazione di questa mattina è stata ribattezzata “De Bello Gallico” ed ha fatto luce sull’omicidio della donna uccisa in macchina a Gallico nel mese di marzo.

 

REGGIO CALABRIA – Il blitz della Squadra mobile disposto dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria ha portato all’esecuzione di quattro provvedimenti di fermo e sono in corso anche numerose perquisizioni. I quattro soggetti sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di omicidio e tentato omicidio pluriaggravati, associazione mafiosa, detenzione e porto in luogo pubblico di armi da fuoco clandestine, danneggiamento aggravato mediante esplosione di colpi di arma da fuoco, furto e detenzione illegale di segni distintivi e oggetti in uso ai Corpi di Polizia, tutti aggravati dalla metodologia mafiosa. L’operazione “De Bello Gallico” ha consentito di individuare l’esecutore materiale dell’omicidio di Fortunata Fortugno, 48 anni, (nel riquadro in alto) che fu uccisa con un colpo di pistola alla testa la sera del 16 marzo mentre era appartata con Demetrio Logiudice, di 53 anni, che rimase ferito ad una spalla, a bordo di un’autovettura, in uno spazio a ridosso del torrente Gallico.

Il vero obiettivo del killer era Logiudice

L’inchiesta “De Bello Gallico” avrebbe accertato come il vero obiettivo del killer, che entrò in azione la sera del 16 marzo scorso sul torrente Gallico, non era la donna assassinata ma Demetrio Logiudice che stava con lei in macchina, ritenuto vicino agli ambienti della potente clan Tegano che opera nella zona nord della città di Reggio Calabria, coinvolto in operazioni antimafia che in passato hanno colpito la suddetta cosca della ‘ndrangheta reggina.

Analizzati oltre 70 impianti di videosorveglianza

Un faticoso lavoro di estrapolazione, studio e analisi delle immagini di una settantina di impianti di videosorveglianza pubblica e privata; così gli investigatori della sezione omicidi della Squadra Mobile di Reggio Calabria sono arrivati ad individuare la macchina che il killer aveva utilizzato per raggiungere il luogo in cui si erano appartati i due amanti, effettuare un primo sopralluogo e successivamente compiere l’agguato in cui fu uccisa freddamente la donna e fu ferito gravemente l’uomo. Centinaia di ore di filmati passati sotto lente hanno permesso agli investigatori della Polizia di Stato di ricostruire le fasi dell’appuntamento delle vittime, del sopralluogo, dell’agguato e della fuga del killer, nonché della corsa verso l’ospedale del ferito a bordo della macchina, con la donna colpita a morte.

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L’auto del killer e l intercettazioni ambientali

Attraverso il confronto dei moltissimi filmati dei diversi impianti di video sorveglianza, i poliziotti della Squadra Mobile sono riusciti ad individuare l’Audi A3 Sportback utilizzata dal sicario la sera del 16 marzo per compiere l’agguato. Tutti gli accertamenti effettuati al riguardo, hanno dimostrato che la macchina era utilizzata esclusivamente da Paolo Chindemi, ventottenne di Gallico. Le intercettazioni ambientali disposte dalla Dda di Reggio Calabria, hanno consentito di raccogliere ulteriori e pregnanti elementi che, in combinazione con i dati acquisiti dagli impianti di video sorveglianza, con riferimento al mezzo utilizzato dal killer per compiere l’agguato, sono andati a comporre un quadro indiziario grave, preciso e concordante a carico di Chindemi, quale esecutore materiale dell’efferato delitto, che è stato fermato questa notte ed è figlio di Pasquale Chindemi, assassinato tre mesi prima a Gallico nel corso di un agguato.

I 4 provvedimenti di fermo

Nell’ambito dell’inchiesta “De Bello Gallico”, gli investigatori della Squadra Mobile hanno ricostruito l’assetto organizzativo ed operativo di un emergente gruppo mafioso, legato alla ‘ndrangheta e dedito al compimento di reati contro la persona e il patrimonio, composto da Paolo Chindemi (esecutore materiale dell’omicidio di Fortunata Fortugno e del tentato omicidio di Demetrio Logiudice) dallo zio Mario Chindemi di 50 anni, da Santo Pellegrino di 32 anni e da Ettore Corrado Bilardi detto “Pietro” di 66 anni, tutti sottoposti a fermo di indiziato di delitto per associazione mafiosa.

Le intercettazioni ambientali hanno dimostrato che lo scopo fondamentale del sodalizio era quello di affermare a Gallico la propria leadership criminale conquistando spazi sempre più ampi con l’uso delle armi nelle azioni volte ad assumere il controllo delle attività estorsive in danno di imprenditori e commercianti del luogo e ad eliminare esponenti delle fazioni contrapposte. Ad alcuni componenti del gruppo mafioso è contestato un atto intimidatorio perpetrato a Gallico lo scorso 22 maggio, mediante l’esplosione di alcuni colpi di fucile contro le serrande di due garage di un condominio di cinque piani.

Nella base del gruppo:  armi, un giubbotto antiproiettile e divise della DIA

Gli investigatori della Squadra Mobile alcuni giorni fa, hanno scoperto durante un servizio di perlustrazione notturna, in alcuni luoghi periferici di Gallico superiore, la base logistica del sodalizio, composta da un’esistente struttura in muratura, all’interno della quale i poliziotti hanno rinvenuto e sequestrato una pistola semiautomatica calibro 7.65 mm, marca “J.P. Sauer&SohnSuhl”, modello “1913”, con matricola, completa di caricatore e 10 cartucce marca “G.F.L.” dello stesso calibro; un revolver, con tamburo a 6 camere di cartuccia, calibro 38 SP, privo di marca e matricola, completa di 6 cartucce marca “G.F.L.” dello stesso calibro; quattro casacche (fratini o pettorine) in tessuto di colore blu, riportante su entrambi i lati la dicitura “DIA Direzione Investigativa Antimafia”; un giubbotto antiproiettile di colore blue, privo di qualsiasi contrassegno identificativo; tre passamontagna tipo “mefisto” e una batteria 12V 7Ah marca “Yamada” alla quale era applicato, con nastro adesivo isolante, un ricevitore marca “Atecnica” mod. D Multi 2 CH. Nel corso di precedenti perquisizioni, gli operatori della Squadra Mobile, avevano individuato e sequestrato anche alcuni motoveicoli che gli indagati – costituendo un gruppo di fuoco – avevano rubato per compiere azioni delittuose.

Il profilo di Bilardi

Tra i soggetti fermati  dalla Polizia di Stato di Reggio Calabria spicca il nome di Ettore Corrado Bilardi, pericoloso pregiudicato che ha scontato lunghi anni di detenzione per omicidio, genero del boss storico della ‘ndrangheta reggina don Mico (Domenico) Tripodo, assassinato nel 1977 all’interno del carcere di Poggioreale a Napoli su mandato della cosca De Stefano; nonché cognato di  Venanzio Tripodo, genero di  Sebastiano Romeo, patriarca della storica famiglia di ‘ndrangheta di San Luca  (Stacchi).  Attraverso l’opera di mediazione di Bilardi, i membri del sodalizio di Gallico hanno stretto relazioni con esponenti di affermate e potenti cosche della ‘ndrangheta operanti nei mandamenti tirrenico e ionico della provincia di Reggio Calabria.

I particolari delle indagini – VIDEO – INTERCETTAZIONI

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Erano da poco passate le 22.30 il 16 marzo scorso quando un uomo e una donna attinti da colpi d’arma da fuoco si erano presentati in ospedale. Fortunata Fortugno però era già morta mentre Lo Giudice presentava una ferita alla spalla. Dalle prime ricostruzioni era emerso che la coppia, seduta sul sedile posteriore del fuoristrada dell’uomo, si trovava in una zona isolata prossima al torrente Gallico dell’omonimo quartiere di Reggio Calabria, quando ad un certo punto è arrivata un’auto, a velocità moderata, dalla quale è sceso il killer che ha sparato contro i due amanti,  due ai quattro colpi di arma da fuoco uno dei quali ha raggiunto la donna alla testa e un altro, l’uomo alla spalla.

Logiudice nonostante la ferita avrebbe messo in moto e guidato fino in ospedale mentre il killer avrebbe esploso contro il mezzo altri colpi d’0arma da fuoco. La corsa disperata verso l’ospedale però non è servita perchè Fortunata Fortugno è arrivata cadavere al pronto soccorso.

Logiudice a quel punto unico testimone del delitto, non è riuscito a fornire indicazioni tali da individuare l’esecutore materiale dell’omicidio o i mandanti anche se, l’ambito criminale in cui esso era maturato, le modalità esecutive tipicamente mafiose e la personalità dell’uomo, vittima dell’agguato, con precedenti di polizia per associazione mafiosa, non poteva non essere riconducibile a contesti di criminalità organizzata. Per questo motivo gli inquirenti hanno subito orientato le indagini sul fatto che il vero obiettivo del killer fosse proprio Logiudice.

In un primo momento però gli inquirenti non avrebbero avuto elementi tecnici e testimoniali e così hanno iniziato un lavoro imponente di acquisizione delle immagini riprese da circa 70 impianti di video sorveglianza pubblica e privata presenti nei luoghi prossimi e meno prossimi a quello in cui era stato perpetrato l’efferato delitto.

L’accurata analisi dell’impressionante mole di immagini acquisite nei giorni immediatamente successivi al duplice delitto dagli impianti di video sorveglianza – per un totale di diverse centinaia di ore di filmati passati letteralmente sotto lente dagli inquirenti – e i riscontri ottenuti dai servizi di osservazione e controllo del territorio, hanno consentito agli investigatori della Sezione Omicidi della Squadra Mobile non solo di ricostruire le fasi dell’incontro delle vittime, ma anche di individuare in un’Audi A3 Sportback, in uso esclusivo a Paolo Chindemi, l’autovettura utilizzata dal killer la sera del 16 marzo per compiere prima il sopralluogo e subito dopo l’agguat.

Le immagini hanno permesso di ricostruire la fase dell’appuntamento dei due amanti, la fase del sopralluogo, dell’agguato e della fuga dell’attentatore, nonché la corsa verso l’ospedale del soggetto ferito a bordo della macchina con la donna esanime. Poi le molteplici attività tecniche di intercettazione ambientale locale e veicolare hanno consentito di raccogliere ulteriori e pregnanti elementi che, in combinazione con quelli già acquisiti dagli impianti di video sorveglianza con riferimento al mezzo utilizzato dal killer per compiere l’agguato, andavano a comporre un quadro indiziario grave, preciso e concordante a carico di Chindemi, quale esecutore materiale dell’efferato delitto.

Intercettazioni ambientali

Nel corso di una conversazione ambientale captata in macchina, gli indagati, tra cui Paolo Chindemi, facevano riferimento alla circostanza che la donna si stava voltando per guardare indietro quando è stata colpita, al fatto che la stessa sia morta per colpa dell’uomo con cui era in macchina, al quale aveva sostanzialmente fatto da scudo, salvandogli la vita. In un’altra conversazione ambientale, Chindemi riferiva inoltre (e pertanto confessava) di aver commesso un omicidio.

GUARDA IL VIDEO – la sera dell’agguato e le intercettazioni

Un gruppo mafioso e armato

L’inchiesta sul duplice fatto di sangue ha portato alla luce anche l’esistenza di un emergente gruppo mafioso, aderente alla ‘ndrangheta, dedito alla consumazione di delitti contro la persona e il patrimonio composto da Paolo Chindemi, Mario Chindemi , Santo Pellegrino e Ettore Corrado Bilardi detto “Pietro”. Una consorteria facente capo ai due Chindemi, nata per affermare la propria leadership criminale, conquistando spazi sempre più ampi nel territorio di Gallico, anche con l’uso delle armi, pianificando azioni volte ad assumere il controllo delle attività estorsive in danno di imprenditori e commercianti del luogo e ad eliminare esponenti delle fazioni contrapposte.

Le indagini hanno anche fatto luce anche su un atto intimidatorio posto in essere dal gruppo Chindemi, lo scorso 23 maggio, mediante l’esplosione di alcuni colpi di fucile contro le serrande di due garage di un condominio di cinque piani a Gallico. E ancora lo scorso 19 giugno, durante una perlustrazione notturna di alcuni luoghi isolati, utilizzati dai Chindemi come basi logistiche per le attività delittuose del gruppo, gli investigatori della Squadra Mobile hanno ritrovato armi e addirittura quattro casacche in tessuto di colore blu, riportante su entrambi i lati la dicitura “DIA Direzione Investigativa Antimafia”.

Bilardi, personaggio di alta caratura criminale

Milita nel gruppo Chindemi anche un pregiudicato di elevato spessore criminale ovvero Ettore Corrado Bilardi, già condannato a lunghi anni di reclusione per omicidio, genero del boss storico della ‘ndrangheta di Reggio Calabria don Mico (Domenico) Tripodo, assassinato nel 1977 all’interno del carcere di Poggioreale su mandato dei De Stefano, nonché cognato di Venanzio Tripodo genero di Sebastiano Romeo, patriarca della storica famiglia di ‘ndrangheta di San Luca (RC) intesa “I Stacchi”. Gli appartenenti al gruppo Chindemi – attraverso l’opera di qualificata mediazione del Bilardi – hanno intessuto relazioni con esponenti di affermate cosche della ‘ndrangheta operanti nei mandamenti tirrenico e ionico della provincia di Reggio Calabria.

I reati contestati ai quattro soggetti

– Paolo Chindemi risponde del delitto di omicidio e tentato omicidio pluriaggravato anche dalle modalità mafiose (omicidio Fortunata Fortugno e tentato omicidio Demetrio Logiudice) e di detenzione e porto della pistola utilizzata per commetterlo;
– Paolo Chindemi, Mario Chindemi, Santo Pellegrino e Bilardi Ettore Corrado sono accusati di associazione mafiosa; detenzione e porto in luogo pubblico di armi da fuoco (pistole, revolver e fucili, clandestini e comuni da sparo) aggravati dalla modalità mafiose; detenzione illegale di segni distintivi e oggetti in uso ai Corpi di Polizia (quattro casacche della DIA e un giubbotto antiproiettile) aggravati dalle modalità mafiose; furto di motocicli aggravato anche dalle modalità mafiose.

 

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