Calabria
VIDEO – Uccisa mentre era appartata in un’auto, 4 persone fermate tra cui il killer
Erano da poco passate le 22.30 il 16 marzo scorso quando un uomo e una donna attinti da colpi d’arma da fuoco si erano presentati in ospedale. Fortunata Fortugno però era già morta mentre Lo Giudice presentava una ferita alla spalla. Dalle prime ricostruzioni era emerso che la coppia, seduta sul sedile posteriore del fuoristrada dell’uomo, si trovava in una zona isolata prossima al torrente Gallico dell’omonimo quartiere di Reggio Calabria, quando ad un certo punto è arrivata un’auto, a velocità moderata, dalla quale è sceso il killer che ha sparato contro i due amanti, due ai quattro colpi di arma da fuoco uno dei quali ha raggiunto la donna alla testa e un altro, l’uomo alla spalla.
Logiudice nonostante la ferita avrebbe messo in moto e guidato fino in ospedale mentre il killer avrebbe esploso contro il mezzo altri colpi d’0arma da fuoco. La corsa disperata verso l’ospedale però non è servita perchè Fortunata Fortugno è arrivata cadavere al pronto soccorso.
Logiudice a quel punto unico testimone del delitto, non è riuscito a fornire indicazioni tali da individuare l’esecutore materiale dell’omicidio o i mandanti anche se, l’ambito criminale in cui esso era maturato, le modalità esecutive tipicamente mafiose e la personalità dell’uomo, vittima dell’agguato, con precedenti di polizia per associazione mafiosa, non poteva non essere riconducibile a contesti di criminalità organizzata. Per questo motivo gli inquirenti hanno subito orientato le indagini sul fatto che il vero obiettivo del killer fosse proprio Logiudice.
In un primo momento però gli inquirenti non avrebbero avuto elementi tecnici e testimoniali e così hanno iniziato un lavoro imponente di acquisizione delle immagini riprese da circa 70 impianti di video sorveglianza pubblica e privata presenti nei luoghi prossimi e meno prossimi a quello in cui era stato perpetrato l’efferato delitto.
L’accurata analisi dell’impressionante mole di immagini acquisite nei giorni immediatamente successivi al duplice delitto dagli impianti di video sorveglianza – per un totale di diverse centinaia di ore di filmati passati letteralmente sotto lente dagli inquirenti – e i riscontri ottenuti dai servizi di osservazione e controllo del territorio, hanno consentito agli investigatori della Sezione Omicidi della Squadra Mobile non solo di ricostruire le fasi dell’incontro delle vittime, ma anche di individuare in un’Audi A3 Sportback, in uso esclusivo a Paolo Chindemi, l’autovettura utilizzata dal killer la sera del 16 marzo per compiere prima il sopralluogo e subito dopo l’agguat.
Le immagini hanno permesso di ricostruire la fase dell’appuntamento dei due amanti, la fase del sopralluogo, dell’agguato e della fuga dell’attentatore, nonché la corsa verso l’ospedale del soggetto ferito a bordo della macchina con la donna esanime. Poi le molteplici attività tecniche di intercettazione ambientale locale e veicolare hanno consentito di raccogliere ulteriori e pregnanti elementi che, in combinazione con quelli già acquisiti dagli impianti di video sorveglianza con riferimento al mezzo utilizzato dal killer per compiere l’agguato, andavano a comporre un quadro indiziario grave, preciso e concordante a carico di Chindemi, quale esecutore materiale dell’efferato delitto.
Intercettazioni ambientali
Nel corso di una conversazione ambientale captata in macchina, gli indagati, tra cui Paolo Chindemi, facevano riferimento alla circostanza che la donna si stava voltando per guardare indietro quando è stata colpita, al fatto che la stessa sia morta per colpa dell’uomo con cui era in macchina, al quale aveva sostanzialmente fatto da scudo, salvandogli la vita. In un’altra conversazione ambientale, Chindemi riferiva inoltre (e pertanto confessava) di aver commesso un omicidio.
GUARDA IL VIDEO – la sera dell’agguato e le intercettazioni
Un gruppo mafioso e armato
L’inchiesta sul duplice fatto di sangue ha portato alla luce anche l’esistenza di un emergente gruppo mafioso, aderente alla ‘ndrangheta, dedito alla consumazione di delitti contro la persona e il patrimonio composto da Paolo Chindemi, Mario Chindemi , Santo Pellegrino e Ettore Corrado Bilardi detto “Pietro”. Una consorteria facente capo ai due Chindemi, nata per affermare la propria leadership criminale, conquistando spazi sempre più ampi nel territorio di Gallico, anche con l’uso delle armi, pianificando azioni volte ad assumere il controllo delle attività estorsive in danno di imprenditori e commercianti del luogo e ad eliminare esponenti delle fazioni contrapposte.
Le indagini hanno anche fatto luce anche su un atto intimidatorio posto in essere dal gruppo Chindemi, lo scorso 23 maggio, mediante l’esplosione di alcuni colpi di fucile contro le serrande di due garage di un condominio di cinque piani a Gallico. E ancora lo scorso 19 giugno, durante una perlustrazione notturna di alcuni luoghi isolati, utilizzati dai Chindemi come basi logistiche per le attività delittuose del gruppo, gli investigatori della Squadra Mobile hanno ritrovato armi e addirittura quattro casacche in tessuto di colore blu, riportante su entrambi i lati la dicitura “DIA Direzione Investigativa Antimafia”.
Bilardi, personaggio di alta caratura criminale
Milita nel gruppo Chindemi anche un pregiudicato di elevato spessore criminale ovvero Ettore Corrado Bilardi, già condannato a lunghi anni di reclusione per omicidio, genero del boss storico della ‘ndrangheta di Reggio Calabria don Mico (Domenico) Tripodo, assassinato nel 1977 all’interno del carcere di Poggioreale su mandato dei De Stefano, nonché cognato di Venanzio Tripodo genero di Sebastiano Romeo, patriarca della storica famiglia di ‘ndrangheta di San Luca (RC) intesa “I Stacchi”. Gli appartenenti al gruppo Chindemi – attraverso l’opera di qualificata mediazione del Bilardi – hanno intessuto relazioni con esponenti di affermate cosche della ‘ndrangheta operanti nei mandamenti tirrenico e ionico della provincia di Reggio Calabria.
I reati contestati ai quattro soggetti
– Paolo Chindemi risponde del delitto di omicidio e tentato omicidio pluriaggravato anche dalle modalità mafiose (omicidio Fortunata Fortugno e tentato omicidio Demetrio Logiudice) e di detenzione e porto della pistola utilizzata per commetterlo;
– Paolo Chindemi, Mario Chindemi, Santo Pellegrino e Bilardi Ettore Corrado sono accusati di associazione mafiosa; detenzione e porto in luogo pubblico di armi da fuoco (pistole, revolver e fucili, clandestini e comuni da sparo) aggravati dalla modalità mafiose; detenzione illegale di segni distintivi e oggetti in uso ai Corpi di Polizia (quattro casacche della DIA e un giubbotto antiproiettile) aggravati dalle modalità mafiose; furto di motocicli aggravato anche dalle modalità mafiose.



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