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Bimbo di San Marco Argentano finisce in casa famiglia, la mamma disperata «non spegnete il suo sorriso»
SAN MARCO ARGENTANO (CS) – Bimbo di San Marco Argentano di soli 8 anni strappato alla famiglia. È stato rinchiuso in una colonia maschile a Cetraro. È successo a San Marco Argentano, in provincia di Cosenza, mercoledì 18 settembre. L’intervento è stato eseguito da 3 carabinieri, 2 agenti della polizia municipale, 2 operatori sanitari e 2 assistenti sociali. Nonostante un certificato di malattia della pediatra disponesse, fino al 24 settembre, di restare in casa (con la madre, in virtù della legge 104) per curare e non contaminare le bolle di un’Herpes di cui ha allegato foto e informato i servizi sociali già dal 4 settembre. Un’azione definita traumatica dalla madre che a distanza di una settimana non ha alcuna notizia del figlio, pur non essendole stato formalmente vietato di avere contatti. Le hanno comunicato che il bambino è affidato a un tutore provvisorio, Maria Rosa Romano, che però quella mattina non era presente.
Bimbo di San Marco Argentano: la madre è disperata
La mamma non può né vederlo né sentirlo, anche se la nomina di un tutore provvisorio per minore non implica automaticamente il divieto di vedere i genitori. Eppure non le è consentito di salutarlo per rassicurarlo. Non può contattarlo telefonicamente, né guardarlo da lontano. E la struttura non risponde al centralino. È riuscita, insistendo, solo a consegnare i vestiti del bimbo alla struttura. Al momento della partenza infatti non era stato possibile dare neanche un cambio.
L’ultima volta che lo ha sentito è stata la sera del trasferimento coatto, quando il figlio ha contattato la famiglia dal proprio smartwatch. Piangendo disperato avrebbe chiesto di andare a prenderlo subito, di non abbandonarlo lì, dicendo che la mattina successiva lo avrebbero portato in ospedale. La donna si dice molto preoccupata. Il bambino è caratterizzato da un disturbo dell’attenzione e da iperattività (ADHD).
È cresciuto con i genitori all’estero e si è trasferito a San Marco Argentano, paese di origine della madre, nel dicembre 2023. La scuola era stata avvisata a giugno dell’arrivo dell’alunno, in modo da poter dare alla dirigenza tempo per reclutare personale adeguato. Fino a dicembre è rimasto in Germania per seguire un percorso di accertamenti in clinica. I genitori però hanno appreso al loro rientro in Italia di essere stati denunciati per evasione scolastica.
Il decreto del Tribunale dei minorenni di Catanzaro
Quando il bambino è stato inserito nella prima classe della scuola primaria di San Marco Argentano Centro, è stato però detto loro, di seguire un orario ridotto perché, studiando all’estero, era troppo avanti nel programma rispetto ai compagni.
All’inizio dell’anno scolastico successivo (durante il quale sono stati fatti intervenire a scuola carabinieri, vigili urbani e ambulanze in più occasioni) il caso viene segnalato alla Procura della Repubblica per i minorenni di Catanzaro dai servizi sociali di San Marco Argentano. La dirigente comunale Zavatta chiedeva l’apertura di una procedura per “comportamenti molto problematici in ambito scolastico”.
L’8 marzo 2025 il Tribunale per i minorenni di Catanzaro presieduto da Teresa Chiodo con a latere i giudici Teresa Tarantino, Stefania Celia e Massimo Barbieri, “visto il ricorso del pm Sessa per l’applicazione di misure rieducative a carico del minore” ha disposto di partire da un adeguato progetto formativo che “preveda anche la partecipazione del nucleo familiare a un percorso di sostegno all’esercizio della responsabilità genitoriale” indicando una serie di azioni da seguire. Senza alcun divieto di contatti con la famiglia, ma l’esatto contrario ovvero il loro pieno coinvolgimento.
Bimbo di San Marco Argentano alla casa famiglia di Cetraro
Il Tribunale per i minorenni di Catanzaro dal 4 marzo 2025 ha intimato alla scuola e agli assistenti sociali di redigere un Piano Educativo Personalizzato. In assenza di tale programma tra le richieste del pubblico ministero per i minorenni, nell’iter che consiglia di seguire, chiede di collocare il minore presso parenti prossimi, evitando la permanenza in una struttura per minori. Era l’ultima spiaggia l’eventuale trasferimento dell’alunno «in adeguata struttura specialistica a valenza sanitaria», da applicare solo «qualora ogni altro intervento dovesse rivelarsi non risolutivo».
Il Piano Educativo Personalizzato
In realtà l’unico intervento attivato è stato un incontro tra la madre e l’assistente sociale alla presenza del sindaco, Virginia Mariotti. Nonostante le ripetute sollecitazioni, non è stato predisposto il Piano Educativo Personalizzato né dalla Scuola Primaria né dai servizi sociali. La donna è stata dichiarata stranamente irreperibile dal 4 marzo 2025 al 18 settembre 2025 pur risiedendo in una palazzina dove, in appartamenti separati, vive l’intera famiglia, essendo rintracciabile non solo in presenza a casa, ma anche nei luoghi frequentati (scuola, centro doposcuola privato, palestra karate, catechismo), ma anche via Pec o attraverso i suoi avvocati che dal loro canto hanno intrapreso azioni legali affinché il bimbo sia restituito alla famiglia al più presto. L’udienza per l’esito del ricorso per la revoca del provvedimento è fissata al 29 settembre 2025 innanzi al giudice Giannotti.
Dalla villa di San Marco Argentano alla colonia maschile di Cetraro
La Colonia San Benedetto Beato Maria Fusco Maschile di Cetraro è gestita dalle suore della congregazione di San Giovanni Battista. È stata inaugurata nel 1954 ed è una comunità educativa convenzionata con la Regione Calabria, autorizzata con determina n. 215 del 23 maggio 2024. Ospita almeno 40 minorenni e sul suo sito ufficiale si autodefinisce casa famiglia «per l’accoglienza di bambini poveri o in difficoltà». Incassa circa 2.500 euro al mese per ogni bimbo: 30.000 euro l’anno.
A pochi passi dal lungomare, appare curata e pulita all’esterno con un ampio giardino ricco di piante costose e ben tenute, campi sportivi. Regna il silenzio. Alcuni plessi vengono fittati per il pernottamento di «persone singole, famiglie, studenti, gruppi parrocchiali, turisti per soggiorni, gite, convegni, giornate di ritiro e di studio».
Il parere dell’avvocato
L’avvocato difensore, si legge nella diffida, dice che il «servizio sociale anziché attivarsi presso la scuola in prossimità dell’apertura del nuovo anno scolastico, perché questa rediga per il minore il Piano Educativo Personalizzato, come peraltro disposto dal Tribunale per i minorenni di Catanzaro, ha ritenuto di “collocarlo” in una struttura assolutamente inadeguata (quella di Cetraro non è una struttura specialistica a valenza sanitaria ndr) che il sottoscritto – dichiara l’avvocato Vincenzo Montone – conosce perfettamente per aver curato qualche anno fa il caso di 2 bambine, dove vi sono bambini soli, senza famiglia o con genitori detenuti, ai margini, tolti dalla strada. Dove non viene assicurata l’istruzione. Vogliamo ricordare che ha una famiglia, composta da madre, padre, nonni, zii, cugini. È seguito costantemente e quotidianamente sia dalla mamma sia dai nonni materni». Non è dato sapere quando il bambino inizierà ad andare a scuola.
Psicofarmaci alla base dell’intervento
I giudici hanno disposto che si provveda anche «a garantire al minore tutte le cure e i trattamenti terapeutici ritenuti necessari dal competente servizio di Neuropsichiatria Infantile di concerto con i servizi sociali». Ecco l’indicazione che l’Asp di Cosenza, pur dichiarando nella norma il funzionamento cognitivo del bambino, ha dato alla madre: somministrare Midikinet, metilfenidato, a basso dosaggio e con aumento graduale, da assumere con continuità.
Si tratta di uno psicofarmaco che andrebbe utilizzato, non quotidianamente, ma solo in caso di comportamento aggressivo pronunciato verso gli altri con obbligo di valutazione medica attraverso analisi del sangue e visita cardiologica. Una medicina che la madre aveva sin da subito interrotto quando ha notato nel bambino l’insorgere di cefalea, agitazione e forte dimagrimento. La donna quindi ha scelto di proseguire un percorso con centri di riabilitazione e specialisti privati (che hanno tenuto anche incontri formativi sull’ADHD per il corpo docente della scuola), non convenzionati con il servizio sanitario regionale, ma a pagamento.
Non preciso l’uso di psicofarmaci
Percorso che non prevede l’uso di psicofarmaci, ma ha fornito notevoli progressi e risultati riconosciuti dalla stessa Asp di Cosenza che ha ridotto le ore di sostegno dal massimo al minimo nel corso dei mesi. Tale condotta, è stata ritenuta “negligente, superficiale e abbandonica” perché l’assistente sociale ha riferito che la madre non era collaborativa. Eppure nello stesso decreto del marzo 2025 è scritto che «la madre è una figura sempre presente, i due hanno sempre vissuto insieme, la madre si è sempre occupata in prima persona della cura fisica del bambino».
Ai servizi sociali il Tribunale per i minorenni ha quindi affidato il compito di garantire al minore tutte le cure e i trattamenti terapeutici ritenuti necessari dal servizio di Neuropsichiatria Infantile, in primo luogo la somministrazione di metilfenidato per sedarlo. I genitori rifiutandosi di dare lo psicofarmaco prescritto al bambino, secondo il giudice si sono dimostrati inadempienti.
La terapia farmacologica
Il Midikinet è un farmaco a base di metilfenidato, uno psicostimolante che appartiene alla classe delle anfetamine. Negli effetti indesiderati molto comuni, documentati dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) sono indicati: cefalea, appetito ridotto, insonnia, nervosismo, nausea e secchezza delle fauci.
Le reazioni avverse al farmaco
Le controindicazioni più comuni includono disturbi del comportamento (agitazione, ansia, irritabilità, insonnia), sintomi neurologici (tremori, capogiri, sonnolenza), problemi gastrointestinali (dolori, nausea, diarrea), e alterazioni cardiovascolari (tachicardia, ipertensione). Possibili anche reazioni cutanee, perdita di peso, crescita rallentata nei bambini e sintomi respiratori.
Il trattamento con metilfenidato non è indicato in tutti i bambini affetti da ADHD e la decisione di utilizzare il medicinale deve basarsi su una valutazione molto approfondita della gravità e della cronicità dei sintomi del bambino, in relazione alla sua età. Allertato il Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza della Regione Calabria Antonio Marziale, ha chiesto chiarimenti. La madre del piccolo inerme, continua a sperare: «Vorrei che non spegnessero il suo sorriso».

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