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Randagismo, Tenzi – Croce del Sud: “c’è qualcosa che non funziona. Il caso Terredonniche” (AUDIO)

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Randagismo, Tenzi – Croce del Sud: “c’è qualcosa che non funziona. Il caso Terredonniche” (AUDIO)

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Il randagismo, un problema mai affrontato, una responsabilità che si prendono solo le associazioni che tengono alla salvaguardia degli animali. 

 

COSENZA – In Calabria il sistema istituzionale competente a gestire il fenomeno del randagismo stenta a funzionare, anzi latita. Sono sempre le associazioni ad occuparsi del problema e a sostituirsi (seppure con nessuna delega formale) all’operato di Comuni, Asp, Vigili urbani… E tra queste c’è anche Croce del Sud, presieduta da Salvatore Tenzi. Una realtà tra tante, che con mille difficoltà, sacrifici  ma con tanta buona volontà, talvolta si trova a dover aggirare la burocrazia per salvare una vita, in tal caso a quattro zampe. Questo per evitare che i randagi vengano uccisi dalle auto, avvelenati, accalappiati e costretti a trascorrere il resto della loro vita nel box di un canile. Salvatore Tensi, presidente di Croce del Sud, ha raccontato ai microfoni di Rlb Radioattiva, il ruolo della sua associazione.

ASCOLTA L’INTERVISTA

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croce del sudTerredonniche e il blitz di novembre

Croce del Sud è stata protagonista insieme ad altre associazioni del blitz nel “canile – carcere” di Mendicino: “Noi non volevamo disturbare nessuno ma più volte abbiamo sollecitato il gestore di quel canile a voler entrare per far adottare i cani reclusi nel canile. Non ci è mai stato consentito. Non volevamo entrare per fare chissà cosa, ma vista la continua resistenza, abbiamo avuto sospetti. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, è stato il continuo diniego all’ingresso, nonostante la presentazione di carte, documenti e richieste. Poi siamo entrati con la forza della ‘legalità’. Purtroppo questa storia è ancora lunga perchè ancora vengono messi muri burocratici per rallentare le adozioni. In altri canili – spiega Tenzi – fanno entrare perchè il randagismo è una piaga, e se ne togli fuori dieci oggi, domani ne entreranno trenta. E’ ovvio che è una questione di guadagno su quei poveri cani che sono stati lì dentro per 17 anni. C’è stato troppo silenzio, ora basta”.

 

Le procedure “condanna cane”

“C’è solo bisogno di senso civico per attivare la procedura per aiutare un cane in difficoltà. Spesso però molti se li dimenticano dopo aver fatto ‘accalappiare’ magari cuccioli che cresceranno in canile. Questo sistema è gestito da Comuni, gestori delle strutture, Asp, che non hanno a cuore i cani”. E noi vorremmo vedere loro chiusi in una gabbia per 17 anni, un carcere al quale sono costretti senza aver compiuto alcun tipo di reato. Il randagismo si combatte anche con una buona informazione, ma bisogna cambiare mentalità. C’è un sistema che non funziona, non vogliamo sostituirci alle Istituzioni ma in un sistema che condanna il cane ad andare in quel determinato canile dal quale non uscirà più, preferiamo prenderlo intestarlo ai Comuni e cerchiamo noi di farli adottare, evitandogli il canile. Ma non può continuare così”.

 

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