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Racket, alla sbarra i presunti autori delle estorsioni d’Oltrecampagnano
COSENZA – La ‘protezione’ a Rende si paga. A chi, ancora, non si sa. Almeno a livello formale.
Dal momento dell’arresto, coloro che erano stati accusati di essere i protagonisti del racket d’Oltrecampagnano, continuano ad affermare di essere innocenti. Arrestati per estorsione aggravata dal metodo mafioso i presunti affiliati alla cosca Lanzino hanno incassato ieri pesanti richieste di condanna pronunciate dal pm Pierpaolo Bruni. La ricostruzione dei fatti compiuta dagli inquirenti palesa uno scenario di terrore nel quale opera, stretto già dalla morsa della crisi, quasi la totalità di imprenditori e commercianti di Rende e Cosenza. Cordiali richieste di denaro, si trasformerebbero a queste latitudini, in cruente intimidazioni qualora i pagamenti non dovessero essere versati con puntualità al sodalizio criminale.
Minacce sempre più stringenti, ma con una parvenza di comprensione e disponibilità accertata dalle intercettazioni in cui pare che, uno degli estorsori, abbia finanche proposto all’imprenditore vessato di intercedere per suo conto in Provincia e Regione per sollecitare l’erogazione dei finanziamenti pubblici. Nonostante ciò il messaggio, come più volte ribadito, è sempre uguale: ‘Non mangiate da soli, se no vi affogate’. L’operazione Vulpes che nel Novembre scorso portò a diversi arresti tra le fila del clan Lanzino, approdata a processo, ha visto ieri sfilare una serie di richieste di condanna poco clementi nei confronti di coloro che vengono ritenuti gli aguzzini dell’economia bruzia. Per il 46enne Adolfo D’Ambrosio, ritenuto il rais del sodalizio, il pm Bruni chiede 12 anni di carcere, 10 invece per Francesco Costabile (l’uomo che telefonava dalla cabina di Rende per imporre il pizzo) e Alberto Superbo deputato, secondo l’accusa a tenere i ‘conti’ dei proventi dell’attività estorsiva.
Sette anni di pena richiesti per Mario Piromallo e Walter Gianluca Marsico, sul quale già gravano pesanti condanne, l’ultima in ordine cronologico, a 30 anni di reclusione per l’omicidio di Marchio, meglio noto come il bandito in carrozzella. Otto anni per Umberto Di Puppo condannato in veste di favoreggiatore della latitanza di Ettore Lanzino e sei per Mario Potestio anch’egli inserito nell’elenco degli amici che avrebbero permesso ad ‘Ettaruzzu’ di eludere il carcere per circa quattro anni e mezzo. Francesco Patitucci e Simone Ferrise, gli unici che hanno scelto di essere processati con il rito ordinario, sono stati rinviati a giudizio e verranno giudicati dal gup Perri il 16 Ottobre giorno in cui si terranno le arringhe per la difesa degli altri imputati rappresentati dagli avvocati Angelo Pugliese, Gianluca Garritano e dal sindaco del Comune di Rende Marcello Manna.



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