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Il boss impartisce gli ordini dai domiciliari
VIBO VALENTIA – Processo ‘Ragno’, il maresciallo inizia a ‘cantare’.
Nazzareno Lopreiato comandante della Stazione dei carabinieri di Vibo Valentia, principale teste nell’inchiesta che pone i riflettori sul clan Soriano di Filindari ha rilasciato le proprie dichiarazioni in merito all’operazione ieri pomeriggio nell’aula bunker del Tribunale di Vibo Valentia. Secondo quanto emerso dalla deposizione del luogotenente, il presunto boss Leone Soriano avrebbe provveduto ad espletare il proprio ruolo di leader dell’omonima cosca impartendo ordini anche nel periodo in cui fu sottoposto a detenzione domiciliare. Le direttive trasmesse ai propri sodali pere fossero riferite a danneggiamenti da compiere, tra i quali emerge l’esplosione dell’auto dell’avvocato Giuseppe Di Renzo non andata però a buon fine. Nel corso delle indagini è emerso il pagamento di tangenti ai Soriano anche da parte di imprenditori legati al clan Mancuso. Un elemento che pone spunti di riflessioni sull’influenza e l’autorevolezza assunta dalla cosca nel panorama calabrese. Il maresciallo ha inoltre raccontato che Gaetano Soriano, tramite il vibonese Scrugli, perito poi nel 2012 nella faida con i Piscopisani, avrebbe cercato di far recapitare un ‘pizzino’ al fratello attraverso la consegna alla cognata Rosetta Lopreiato, moglie di Leone e, ironia della sorte, omonima del maresciallo che contro lo stesso punta il dito testimoniando in aula. Amore e odio.



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