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Chiusa l’inchiesta sul Mottarone tra «omessi controlli, anomalie nascoste e risparmio»

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Chiusa l’inchiesta sul Mottarone tra «omessi controlli, anomalie nascoste e risparmio»

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VERBANIA – Si è chiusa l’inchiesta sulla tragedia del Mottarone, che due anni fa portò cedimento della funivia costato la vita a 14 persone. Tra le vittime anche Serena Cosentino, giovane 27enne originaria di Diamante, che morì insieme al fidanzato.

Una catena di omessi controlli, primo fra tutti quello mensile sulla fune. Anomalie e piccoli incidenti spia di qualcosa che non andava, nascosti e mai annotati sui registri dell’impianto. Mancati o insufficienti investimenti, anche sul personale, pur di risparmiare e guadagnare senza badare nemmeno a conflitti di interesse. E infine la malaugurata consuetudine di inserire i forchettoni per evitare che le cabine si bloccassero all’improvviso in piena corsa, per via dei freni di emergenza, costringendo a manovre dispendiose per far scendere i passeggeri.

C’è un insieme di “negligenza, imprudenza, imperizia” e “violazione” delle norme sulla sicurezza dei trasporti e indicate nei manuali di manutenzione che risale indietro nel tempo, alla base dell’incidente della funivia del Mottarone in cui, il 23 maggio 2021, hanno perso la vita 14 persone, tra cui due bimbi. Ne è convinta la procura di Verbania che oggi, a due anni dalla tragedia, ha chiuso le indagini sfoltendo il numero degli indagati che da 14 sono passati a 8.

Destinatari dell’avviso di conclusione dell’inchiesta, che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio, sono, oltre alle due società, Luigi Nerini, titolare della Ferrovie del Mottarone, Enrico Perocchio e Gabriele Tadini, allora rispettivamente direttore d’esercizio e capo servizio dell’impianto e, per Leitner, il gruppo incaricato della manutenzione, Anton Seeber, presidente del cda, Martin Leitner, consigliere delegato e Peter Rabanser, responsabile del Customer Service.

Le accuse contestate a vario titolo sono attentato alla sicurezza dei trasporti, rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni colpose gravissime e solo per Tadini e Perocchio anche il falso. Il procuratore Olimpia Bossi, che con il pm Laura Correra ha coordinato le indagini condotte dai carabinieri, ha chiesto anche l’archiviazione per 5 tecnici delle aziende che, in subappalto, si sono occupate dei controlli e di colui che ha realizzato la testa fusa relativa alla cabina poi precipitata.

Nell’atto notificato oggi, alla luce anche di un esame delle perizie sulle cause del disastro redatte da due collegi di ingegneri, vengono riproposti i temi al centro delle indagini con l’aggiunta di alcuni particolari non secondari. Al di là delle responsabilità in capo a Nerini, Perocchio e Tadini (quest’ultimo si farà interrogare una volta lette le carte depositate) e alla loro scelta – letale e illegale – di inserire i forchettoni, i magistrati hanno messo a fuoco il ruolo di Leitner e dei suoi dirigenti: non avrebbero vigilato “adeguatamente affinché il servizio di direzione di esercizio, affidato” con un contratto “strutturalmente inadeguato” a Perocchio, fosse conforme alle norme, con riferimento alla programmazione e predisposizione “controlli a vista mensili” sulla fune che poi si è spezzata in quanto non sarebbero stati effettuati.

Inoltre la multinazionale, così come le Ferrovie del Mottarone, avrebbero avuto un “interesse” e “vantaggio” consistito in “risparmio” di denaro. Risparmio che per la prima si sarebbe concretizzato nell’attribuzione dell’incarico di direttore di esercizio, a fronte del contratto di manutenzione stipulato la seconda nel 2016, “a un proprio dipendente, retribuito in tale veste, senza compensi aggiuntivi e, peraltro, in posizione di evidente conflitto di interessi”.

Per l’ente che gestiva l’impianto invece i pm parlano di “mancati o, comunque, insufficienti investimenti, anche in termini di assunzione del personale, necessari per garantire le previste periodiche attività” a garanzia della sicurezza. Tra l’altro i pm evidenziano che Tadini non avrebbe annotato “sul registro giornale le anomalie, i problemi e gli incidenti” avvenuti in precedenza e Perocchio “controfirmava le pagine (..) attestando che non c’erano stati episodi degni di nota, pur essendone invece a conoscenza”. Dal canto suo Leitner, che ha accolto “con grande stupore la chiusura delle indagini”, ha replicato alla contestazione di “omessa vigilanza dell’operato del direttore d’esercizio quale pubblico ufficiale, vigilanza che per legge spetta agli uffici pubblici preposti” ossia all’ Ustif.

I legali del piccolo Eitan, l’unico sopravvissuto, e dei suoi familiari invece si augurano che presto arrivino i risarcimenti per “i danni enormi patiti – come ha detto l’avv.Fabrizio Ventimiglia – in una tragedia evitabile”.

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