Area Urbana
Omicidio Lanzino: attese in Appello le dichiarazioni del Ris di Parma
La zolla di terreno contenente il liquido seminale del presunto assassino e il motorino della ragazza trucidata a Falconara Albanese sono stati analizzati dopo venti anni dall’omicidio.
CATANZARO – La maggior parte dei reperti rimase per venti anni stipata negli archivi della Procura di Paola. Il dna trovato nella zolla di terreno prelevata nel 1988 sotto il cadavere di Roberta Lanzino poteva essere estrapolato e isolato già allora, ma nulla venne fatto. Anzi i tamponi sparirono nel nulla dopo aver vagato per Bari, Roma, Genova e finanche Londra senza nessun tipo di risultato. Il prossimo 17 novembre nell’ambito del processo d’appello in corso a Catanzaro per l’omicidio di Roberta Lanzino, la studentessa di Rende violentata e uccisa a Torremezzo di Falconara Albanese il 26 luglio del 1988, deporrà in aula il generale Luciano Garofano, ex comandante del Ris di Parma. Lo hanno disposto i giudici accogliendo la richiesta avanzata dal sostituto procuratore generale Carlo Modestino. All’epoca dei fatti Garofano era capitano e guidava la sezione chimico-biologica del Centro investigazioni scientifiche di Roma dei carabinieri a cui vennero inviati alcuni reperti di indagine. Roberta Lanzino fu bloccata dai suoi assassini mentre, alla guida del suo scooter, si stava recando a San Lucido per raggiungere i genitori al mare. Imputati nel processo sono Alfredo e Franco Sansone, padre e figlio, accusati di avere violentato ed ucciso la studentessa in complicità con altre persone rimaste ignote. Il processo di primo grado, svoltosi davanti la Corte d’assise di Cosenza, si è concluso con l’assoluzione dei due imputati e dell’altro coimputato Luigi Carbone quest’ultimo per intervenuto decesso.
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