Area Urbana
Sanità a Cosenza e assenteismo, parla un’imputata: “Mi sono spostata solo per lavoro”
Si è svolta, oggi, l’udienza del processo “Camice bianco”, sui 32 presunti assenteisti dell’Asp di Cosenza. Alla sbarra una dottoressa imputata e numerosi testimoni.
COSENZA – Nuova udienza per il processo scaturito dall’inchiesta “Camice bianco” che coinvolge 32 presunti assenteisti tra medici, infermieri, dirigenti e dipendenti dell’Asp di Cosenza. Secondo l’accusa – ricordiamo – gli indagati, in servizio all’ospedale civile o nelle varie sedi dell’Asp, durante l’orario di servizio, regolarmente retribuito, anche con prestazioni extra di straordinario, “con sistematicità e abitualità”, avrebbero posto in essere condotte di truffa in danno dell’amministrazione di appartenenza attraverso la falsificazione degli orari di presenza e di uscita, mediante l’infedele timbratura del cartellino marcatempo.
Sul banco degli imputati ci sono Mario Avellino, Anna Maria Conforti, Francesca Zinno, Angela Campolongo, Romeo Perri, Anna Turano, Ippolito Spagnuolo, Pasquale Morrone, Marina Sammarra, Giulia Manna, Pia Pignataro, Katja De Rose, Isabella Polillo, Rosalia Cianflone, Annarita Salvo, Carla Caputo, Giovanna Trimarchi, Maria Naccarato, Pieraldo Russo, Gisella Rizzuti, Vincenzo Reda, Asclepiade Felicioli, Alberto Bevilacqua, Elvira Vigna, Claudio Naccarato, Eugenio Presta, Luigi Carelli, Bice Cassazone, Orlando Spizzirri. Dipendenti e dirigenti dell’azienda sanitaria provinciale, accusati del reato di truffa aggravata e continuata perpetrata ai danni della stessa azienda sanitaria.
Oggi il giudice Marco Bilotta ha chiamato a testimoniare altri dipendenti e dirigenti che conoscono o lavoravano a stretto contatto con gli imputati. Prima delle testimonianze, a rilasciare dichiarazioni spontanee, una degli imputati: la Dott.ssa Francesca Zinno, Dirigente psicologa-psicoterapeuta UAS, consultorio familiare di via Popilia. La Dott.ssa ha ribadito al Tribunale la sua totale e piena estraneità ai fatti contestati, giustificando alcune foto che la ritraggono fuori dall’orario di lavoro. “I miei spostamenti sono attribuibili a necessità lavorative. Vengo fotografata con delle buste in mano, fuori dal consultorio, contenevano materiale psicodiagnostico dei pazienti; o ancora con un contenitore rigido, quello era un kit che serviva per l’igiene orale. Io mi occupo di minori, una delle foto mi ritrae che mi allontano dal consultorio e poi ritorno con la presenza di un minore. Ecco in quell’occasione mi ero recata a fare un consulto specialistico al minore che poi, appunto, si è recato con me al consultorio. Tutte queste circostanze sono attribuibili a cose contingenti della mia attività professionale, non avrei mai pensato che potessero essere considerate come truffa di Stato.”
A seguire al banco alcuni testimoni, come la Dott.ssa Rizzuto, Dirigente amministrativo Risorse umane, responsabile settore Gestione personale; il Dott. Parise Dirigente medeico UO Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva e l’Infermiere professionista Corrente, dello stesso reparto. A tutti è stato chiesto l’orario lavorativo, che per alcuni (come la Dott.ssa Rizzuto) è flessibile, basta raggiungere le 38 ore; per altri è fisso: dalle 8 fino alle 14, più la reperibilità. L’orario attualmente, per tutti i dipendenti e dirigenti, viene registrato dal sistema automatico, tramite la timbratura in varchi appositi, che sono posizionati in diverse zone d’entrata e uscita, nelle varie strutture. Ciò che è emerso, punto comune per tutti, è che i professionisti che oggi hanno testimoniato, spesso si sono fermati oltre l’orario lavorativo (che non è da considerarsi straordinario), accumulando un monte ore “a credito”, ma nessuno dei presenti è mai stato retribuito per le ore in eccesso. Il processo viene aggiornato al prossimo 27 febbraio e verranno ascoltati altri imputati e testimoni.



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