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Cosenza muore proprio nel punto in cui è nata: il centro storico, quello che era e quello che è…

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Cosenza muore proprio nel punto in cui è nata: il centro storico, quello che era e quello che è…

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Sospeso tra l’incanto del passato e le problematiche del presente, non riesce ad uscire da tale condizioneEppure sarebbero bastati pochi accorgimenti.

 

COSENZA – A sinistra del fiume Busento, comincia la città nuova, quella “moderna”; alla sua destra, proprio alle pendici del Pancrazio, possiamo scorgere la città vecchia. Il ponte Mario Martire ne rappresenta il confine, per alcuni appare quasi invisibile, per altri invalicabile. Cosenza finisce o inizia da qui, dipende dalla propria mentalità. Oggi possiamo dire che Cosenza muore proprio nella zona in cui è nata. Il centro storico è ormai in uno stato di emergenza totale. Cosenza vecchia e Cosenza “nuova” appaiono agli occhi di tutti due mondi separati, divisi, sconosciuti a sé stessi, seppure vicini inseparabili. L’abbandono ha prevalso sulla memoria storica.

crollo-cosenza-vecchia (19)I crolli continui e la “guerra” in atto tra chi vuole radere al suolo la storia antica di Cosenza, abbattendo i suoi palazzi e le sue pietre (o lasciando semplicemente che vengano giù da soli) e chi, invece, vuole ancora salvarla; distolgono l’attenzione da ciò che era un tempo la vera città vecchia. Chi ha il coraggio di addentrarsi (e sono ormai pochi), nei suoi vicoli più antichi, nella sua rete di viuzze tortuose e piazze dimenticate, scorge solo il degrado che con il passare degli anni ha prevalso sulla storia. Una storia che ricordano in pochi e che le passate amministrazioni e l’amministrazione attuale (nonostante promesse e parole) hanno voluto cancellare. Eppure il centro storico di Cosenza incarna nelle sue forme architettoniche l’apice dell’espansione e della cultura dei Bretti. Un tempo si leggeva: “uno dei centri storici più belli e interessanti d’Italia non solo per l’ampiezza, ma soprattutto per il pregio dei valori che presenta. Elementi caratteristici della parte antica della città sono la notevole concentrazione di edifici monumentali, i numerosi palazzi padronali e prestigiosi, il disegno urbano, caratterizzato da un dedalo di strade che si snodano attorno agli antichi edifici, chiese, conventi, case fortezze, slarghi e piazze. Lo spazio urbano presenta la giusta sintesi tra tradizione costruttivo-materiale locale e ambiente naturale, perfettamente inserito tra i fiumi Crati e Busento e lo splendido scenario delle colline periurbane che fanno di Cosenza un esempio notevolissimo nel panorama della cultura urbana europea”.
cosenzavecchiaOggi si fa fatica a riconoscere tali spazi bui e fatiscenti, le crepe e la rovina la fanno da padrone; tutto è mutato. Eppure il nucleo antico, conserva ancora in parte il carattere della città medievale, con strette stradine in salita e talvolta gradinate, diramantisi dalla via principale (strada o piazza dei Mercanti, od. Corso Telesio), che sale sinuosa dalla riva del Busento alla piazza Maestra (od. piazza Duomo), prospiciente la cattedrale, e prosegue oltre il tratto definito anticamente strada degli Orefici e con via Padolisi in forte pendenza. La bellezza storica e architettonica del luogo fa quasi da contrasto al degrado tutto attorno. La precarietà e l’abbandono del centro storico, considerato una volta uno dei più affascinanti del Sud, segna profondamente l’animo di chi ancora vi risiede e di chi ancora, crede, che possa risorgere a nuova vita. Sospeso dunque tra l’incanto del passato e le problematiche del presente, non riesce ad uscire da tale condizione. A differenza di altri posti il centro storico bruzio non si è affermato come cuore pulsante della città, non ha sfruttato le sue potenzialità. Basta pensare al solo fatto che mancano i servizi fondamentali, reti idriche e fognarie necessiterebbero di manutenzione e le altre criticità sopra citate. Da qui lo spopolamento della zona.

abitazione-cosenza-vecchia (2)Ma come si è arrivati a tutto ciò? Come è stato possibile lasciare morire la parte più importante della città? Perché i cittadini dovrebbero rimanere o investire in tale luogo? Non offre nulla, a ben poco è servita la farsa dei Temporary Stores che, ormai, si contano sulle dita di una mano e non hanno fruttato per nulla sull’economia locale tanto meno da un punto di vista sociale. Eppure sarebbero bastati pochi accorgimenti (utilizzati nella maggior parte delle città italiane).

  • Conservare ed incrementare la residenza con i servizi e le attività produttive ad essa connesse; ciò non solo per tutelare i diritti di chi vi abita ancora, ma anche per scongiurare i fenomeni di delinquenza e degrado che ormai la dominano.
  • Valorizzare le strutture culturali creando un diverso rapporto con la città. Selezionare le funzioni e attività direzionali da mantenere e assicurare a queste spazio vitale.
  • Risanare gli edifici di proprietà comunale o recuperare quelli vuoti destinandoli ad abitazioni a canone sociale o servizi.
  • Intervenire anche su quelli privati abbandonati o degradati, invitando i proprietari a ricomporre la proprietà e laddove non avvenga, subentrare con l’espropriazione per una riutilizzazione dell’immobile (dov’è possibile piuttosto che la demolizione). Certo qui entrano in gioco le parti: l’operatore pubblico e il privato ma la soluzione sarebbe una convenzione (un patto tra le parti che stabilisce oneri e doveri per il proprietario, inquilino e amministrazione pubblica). L’obiettivo è recuperare il centro storico. Così come fanno in tutte le altre città d’Italia, da noi però il patto appare una questione complicatissima, o così viene enunciato dai nostri amministratori. (Ricordiamo che appartiene anche al sindaco fare provvedimenti contingibili e urgenti di sicurezza pubblica, d’igiene pubblica nonché sulle materie di cui al n.9 dell’art. 217, e di far eseguire gli ordini relativi, a spese degli interessati senza pregiudizio dell’azione penale in cui fossero incorsi).

Il giorno in cui non si parlerà più del centro storico come una lotta da condurre, ma semplicemente di un’amministrazione da compiere, da curare, allora potremmo dire di aver risolto il problema. Per ora consideriamo quella parte di Cosenza vecchia morta, proprio lì dove nel 356 a.C. nacque con il nome di Consentia.

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