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Processo “Traffic Maria”, assolti dopo 15 anni i calabresi Trimboli e Panetta

Calabria

Processo “Traffic Maria”, assolti dopo 15 anni i calabresi Trimboli e Panetta

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tribunale sentenza 5

L’operazione risale a 15 anni fa, nel 2002. Un imponente blitz antidroga che portò all’arresto di 55 persone. Ieri si è concluso il giudizio in appello

 
MESSINA – All’epoca dei fatti, i carabinieri del Ros sgominarono un’imponente associazione criminale composta da stranieri e italiani attiva nel traffico di droga, in particolare marijuana, tra Puglia, Calabria e Sicilia con contatti anche all’estero. E nel messinese furono eseguiti numerosi sequestri di stupefacenti. Nell’inchiesta rimasero coinvolti Vincenzo Trimboli e Giuliano Panetta, ritenuti referenti per la Calabria dell’attività criminale. I carabinieri avevano effettuato un vero e proprio blitz, con l’ausilio del gruppo speciale dei cacciatori, in occasione di un incontro avvenuto in Rosarno, nell’agosto del 2001, tra i Gioiosani e tale Husein Dibrani. Un incontro che secondo gli inquirenti era finalizzato all’acquisto di 207 chilogrammi di droga anche se, la perquisizione aveva avuto esito negativo.
 
Dopo l’emissione delle ordinanze di custodia cautelare 2002, il coimputato Dibrani (che è stato giudicato con le forme del rito abbreviato), aveva reso dichiarazioni accusatorie contro i due calabresi, gioiosani, ma non si sarebbe mai presentato per rendere la testimonianza dinnanzi alla Corte Messinese, difatti, dopo aver ricevuto l’avviso a comparire davanti la Seconda Sezione penale del tribunale di Messina, si era dato latitante.
 
Per tale ragione che i legali difensori dei calabresi Trimboli e Panetta, gli avvocati Angelo Nicotera (in foto) e Marco Ruga, si erano opposti all’acquisizione dei verbali dichiarativi. Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, farcite di diverse contraddizioni e assolutamente lacunose per quanto riguarda le accuse mosse nei confronti di Giuliano Panetta e Vincenzo Trimboli, erano state acquisite al fascicolo per il dibattimento.
 
I difensori Nicotera e Ruga hanno eccepito la violazione dell’articolo 526 comma 1 bis cpp e dell’articolo 111 comma 4 della Costituzione nonché dell’articolo 6 della convenzione Europea dei diritti dell’uomo e hanno chiesto che le suddette dichiarazioni accusatorie venissero dichiarate inutilizzabili. “Nessuno può essere punito in base alle dichiarazioni rese da chi per libera scelta si è sempre volontariamente sottratto all’esame dell’imputato e del suo difensore”.
 
avv angelo nicoteraI difensori, nel giudizio di primo grado, avevano poi posto questioni sui decreti di intercettazione telefonica, nonché su tutto l’operato investigativo espletato nei confronti dei loro assistiti. Ed il giudizio di primo grado, si era concluso con la condanna di Trimboli e Pannetta alla pena di 11 anni e due mesi di reclusione in quanto la II sezione penale li aveva riconosciuti colpevoli del reato associativo, con ruolo di vertice e per la detenzione di 200 chili di marijuana.
 
La sentenza è stata appellata dai legali, che hanno contestato nel merito la motivazione dei giudici messinesi ed hanno riproposto tutte le questioni processuali, tra le quali, l’inutilizzabilità delle dichiarazioni del collaboratore Dibrani, perché si era sottratto all’esame in dibattimento, invocando anche la riqualificazione della detenzione dei 207 chili di marijuana e poiché non era mai intervenuto alcun sequestro a carico dei due imputati e, non era mai stato possibile procedere ad alcun tipo di campionatura dello stupefacente.
 
Un lungo iter processuale, iniziato con l’udienza preliminare il 16 dicembre 2003, che aveva poi registrato il rinvio a giudizio dei due gioiosani Trimboli e Panetta, all’epoca difesi dall’avv. Tommaso Sorrentino del Foro di Cosenza e affidati poi ai giovani legali Ruga e Nicotera, subentrati nella difesa di Trimboli e Panetta. Nella giornata di ieri si è concluso il giudizio di appello che ha visto l’assoluzione dei due calabresi.
 
Un successo giudiziario che gli avvocati Marco Ruga e Angelo Nicotera, hanno voluto dedicare proprio al compianto Sorrentino, ricordando che fu sua la scelta processuale di procedere nelle forme del rito ordinario per l’accertamento della verità e dell’innocenza di Trimboli e Panetta.
 
 

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