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Coltivare in Calabria, un agricoltore biologico del cosentino illustra come liberarsi alimenti ‘chimici’

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Coltivare in Calabria, un agricoltore biologico del cosentino illustra come liberarsi alimenti ‘chimici’

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TORANO CASTELLO (CS) – Romolo Perrotta è un ricercatore universitario, nella vita si occupa di filosofia e pedagogia.

Da qualche anno ha deciso di avventurarsi nell’universo dell’agroalimentare. “Faccio parte di una cooperativa di Torano Castello – spiega Perrotta – che si occupa di agricoltura biologica. Non seguiamo i dettami europei, ma parametri più restrittivi e rigorosi che non contemplano l’utilizzo di concimi chimici, ma fertilizzanti di letame di animali che si cibano di fieno prodotto biologicamente in loco. Per fortuna in Italia siamo abbastanza liberi da Ogm le nostre leggi tutelano maggiormente il consumatore. Ci sono diversi incentivi, riceviamo infatti dei contributi pubblici per le nostre attività attraverso la Regione. Basta avere la certificazione. Esitiamo da sette anni e vi lavoriamo in quattro. Saltuariamente collaborano con noi due o tre braccianti, dipende dalle attività.

 

Abbiamo 20 ettari di piante da frutto, soprattuto mandorli, noci, noccioli, ulivi e fichi. Facciamo delle conserve ed è tutto autoprodotto, – sottolinea l’agricoltore- filosofo – tranne il barattolo. Il peperoncino, l’olio, il basilico sono stati realizzati sui nostri terreni. Distribuiamo tra parenti e amici i prodotti e li vendiamo attraverso i Gruppi di Acquisto Solidale. Per quanto riguarda le acque con le quali si irriga consideriamo che il terreno funge già da filtro per i metalli pesanti. Il problema è che il contadino di oggi è stato educato con l’idea che le piante necessitano di concimi e pesticidi, le generazioni dei nostri nonni invece no. Tornare al biologico quindi non solo è possibile, ma è anche semplice si tratto solo di cultura. Nel cosentino registriamo un trend positivo sia tra gli agricoltori sia tra i consumatori. Il biologico è crescituo in maniera esponenziale negli ultimi quindici anni. I primi agriturismi sono nati alla fine degli anni ’70 creando in maniera pioneristica il ritorno alla tradizione e al biologico rispondendo così all’aumento delle colture intensive. 

 

In Calabria nel cosentino, Luigi Mazzei di San Marco Argentano e un altro agricoltore di Roggiano Gravina sono stati i primi. Una goccia nell’oceano perchè nella zona da Cosenza alle pendici del Pollino passando per la sibaritide (zona più produttiva della provincia) erano tutto coltivato chimicamente. La loro esperienza è stata seguita in altre aree del vibonese e del reggino che hanno convertito le colture dal chimico al biologico purificando i terreni. Un processo che di regola dura tre anni. Si trattava di realtà piccole, oggi è invece è diventato un business. Il nostro obiettivo invece è quello di mettere a diretto contatto il produttore con il consumatore abituando i cittadini ad un uso intelligente dell’alimento, a riconoscere i sapori tradizionali e le specie naturali non create in laboratorio. Oggi – conclude Perrotta – esistono in Calabria aziende presenti anche nella grande distribuzione, mentre di parallelo lavorano i gas, i gruppi di acquisto solidale piccoli mercati basati sul rapporto di fiducia e collaborazione”. Una realtà interessante sulla quale riflettere ed investire, soprattutto in una regione a vocazione agricola come la Calabria che soffre sotto il peso di uno dei tassi più alti in Europa di disoccupazione giovanile.

 

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