Cosenza
Cosenza, Stroili, rapina in gioielleria: fratelli predatori patteggiano
«È semplice operare nell’emergenza e fermarsi al primo tassello. Buttare in pasto all’opinione pubblica un’operazione e poi chi si è visto si è visto. Magari dopo va a finire che la persona, visto che il quadro accusatorio non è preciso, poi viene assolta. Qui invece i nostri investigatori hanno utilizzato un metodo diverso; sono stati estremamente precisi, razionali e professionali. Quel quadro che all’inizio presentava una serie di ombre tali, che probabilmente si sarebbero tradotte in una mancata convalida da parte del giudice e in una assoluzione, ora, grazie al lavoro fatto dai carabinieri della compagnia di Cosenza, questo quadro è assolutamente preciso e granitico, forte, e si è arricchito di tutta una serie di reati che noi andiamo a contestare a queste persone». Il procuratore capo della Repubblica bruzia, Mario Spagnuolo durante la conferenza stampa alla presenza dell’aggiunto Manzini, del sostituto procuratore Tridico, dell’allora comandante provinciale dell’Arma, il colonnello Ottaviani e del capitano Passaquieti, comandante della compagnia cittadina, spiega i cardini alla base di un lavoro estremamente preciso che porta a risultati incontestabili.
«Io sono molto soddisfatto di questo tipo di lavoro perché la funzione di un ufficio di Procura non è quello di fare le operazioni sensazionalistiche, che poi si esauriscono su loro stesse, ma è quello di portare all’accertamento processuale il fatto reato. E noi di questo siamo assolutamente convinti e sicuri. Su questo un dato: l’ufficio Procura di Cosenza, probabilmente è uno degli uffici che ha il miglior tasso nel rapporto fra esercizio del rapporto penale e sentenze di condanna. Questo significa che il lavoro portato avanti, lo abbiamo portato avanti bene; ci gratifica il giudicante. Quindi, la mia soddisfazione come responsabile dell’ufficio per questo rapporto e lavoro eccezionale dei carabinieri; la mia soddisfazione per il lavoro portato avanti dal dottore Tridico e dall’aggiunto Manzini, che hanno seguito con grande attenzione questo processo. Non abbiamo le videosorveglianze, come ci sono da altre parti, ma ne faremo a meno. Non è vero che in questo circondario le rapine vanno ad ignoti. Il lavoro che abbiamo fatto su questa vicenda sta ad indicare che noi non dimentichiamo, continuiamo a lavorare e abbiamo un livello di soluzione dei casi positivo. E continueremo a lavorare in questa dimensione».
L’aggiunto Manzini si sofferma sull’uso della droga e la poca attenzione da parte della famiglia. « I soggetti colpiti dalle misure cautelari oggi sono molto giovani. Vanno dai 24 ai 28 anni. Sono persone che hanno messo in atto un’attività sicuramente in modo violento, ma che non danno conto di un’attività organizzata da gruppi particolari. Sono soggetti che si sono messi insieme e che hanno fatto questa rapina, il delitto più grave in questa vicenda, insieme ad altri fatti di reato parimenti rilevanti. Sono soggetti che hanno un legame con l’utilizzo di sostanze stupefacenti; Quindi rientriamo in quei tipi di autori di cui abbiamo già parlato: una criminalità predatoria che pone in essere i delitti in via principale attorno all’uso della droga. Poiché la Procura entra in gioco quando i delitti sono già stati commessi e quindi ha una funzione semplicemente repressiva, non dimentica l’importanza dell’attività preventiva, in modo da evitare che si giunga all’allarme sociale in cui è inserito il contesto cosentino. Direi che è importante avviare tutte le attività perché la città sia effettivamente controllata con un impianto di videosorveglianza veramente attivo. Permettetemi di fare un “appello” – aggiunge la Manzini-: poiché le indagini ci dimostrano che tutto gira intorno al mondo della droga c’è bisogno da parte della famiglia, specialmente perché si tratta di ragazzi molto giovani di una particolare attenzione. Non più di un mese fa un procedimento è originato dalla denuncia di una madre coraggio nei confronti del figlio tossico dipendente. L’importanza in questo momento è quella di far si che ci sia un controllo particolare sul traffico di droga che noi attenzioniamo in modo serio insieme alla polizia giudiziaria, ma c’è sicuramente necessità di una maggiore attenzione da parte della società».
Il sostituto Tridico, titolare dell’indagine illustra il quadro della situazione: «Tale operazione è dimostrativa non certo di una inerzia o attendismo nel perseguire degli episodi criminosi, quanto dalla necessità di costruire un quadro probatorio solido e incontrovertibile. Grazie al lavoro capillare che abbiamo svolto in perfetta sinergia con l’Arma dei carabinieri siamo riusciti ad installare all’interno dell’autovettura una microspia dove questi due fratelli in particolare, hanno parlato piuttosto liberamente dando lezioni di criminalità. E questo senso di impunità rafforzava la loro scelta di delinquere reiteratamente e i carabinieri, unitamente alla Procura, hanno fronteggiato con capillari azioni investigative, a dimostrazione come questo senso di impunità possa essere ridimensionato solo con azioni di contrasto efficaci del controllo del territorio che stiamo portando avanti e continuare a fare. Un episodio tra i tanti “utilizzando dell’esplosivo, dopo avere fatto saltare un negozio, rendendosi conto che non erano presenti le telecamere, sono ritornati sul luogo del delitto per prendere ulteriore refurtiva. Questo dimostra il senso di impunità alto degli arrestati. Le indagini effettuate, in particolare utilizzando un centro di investigazioni scientifico specializzato ci ha consentito di ricostruire sia per quanto riguarda l’esame del Dna che per le impronte, individuare con assoluta certezza da rendere granitico il quadro probatorio».
«Abbiamo lavorato in grande sinergia con la Procura – ha dichiarato Ottaviani-. Un’indagine fatta bene con abbondanti elementi. Dobbiamo aggiungere la necessità di perseguire questi reati perché come si vede nel video questi sono soggetti non organizzati ma che si improvvisano per sopravvivere . E’ questo li rende molto più pericolosi. Perché “i professionisti del crimine” sanno sempre bilanciare costi e benefici di quello che fanno. Queste persone nella rapina hanno messo a rischio la vita della donna, si sono feriti nel tentativo di scardinare le vetrine. Questa è gente pericolosa, nella loro “cialtroneria” criminale sono pericolosi per la gente. E siccome abbiamo altri episodi su cui lavorare sicuramente non ci riteniamo soddisfatti nel senso che finisce qui. Dobbiamo fare in modo che la delinquenza scompaginata cosentina sia assicurata alla giustizia perché costituisce un pericolo per i cittadini più dei criminali organizzati».Il capitano Passaquieti si ricollega al concetto di pericolosità: “durante la fase di indagine abbiamo refertato altri casi di furti perpetrati con l’utilizzo di piccole cariche di esplosivo create da loro per scardinare distributori automatici all’interno di aree di servizio, ai distributori automatici di medicinali all’esterno delle farmacie. Facevano saltarli in aria per rubarne il contenuto. Sempre in relazione alla pericolosità, nell’attività investigativa nelle captazione effettuate, loro nel decidere gli obiettivi sceglievano non solo quelli privi di telecamere ma ance dove sapevano che a lavorare c’erano persone anziane, un chiaro segnale di pericolosità sociale»



Social