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Tirreno, tentato omicidio: assolti Novello e De Rose

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Tirreno, tentato omicidio: assolti Novello e De Rose

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Erano accusati di avere sparato un colpo di pistola alla giugulare di Francesco Osso, rimasto paralizzato. L’accusa aveva chiesto nove anni di carcere

 

DIAMANTE (CS) – Assolti dal tentato omicidio Alberto Novello di Cosenza e Mattia De Rose di Diamante, dopo due anni di istruttoria dibattimentale e altrettanti tra arresti domiciliari e in carcere, in cui la difesa ha ricostruito passo dopo passo circostanze e luoghi, con prove documentali, che hanno fatto cadere la grave accusa che pendeva sulla testa dei due imputati implicati nel caso di Francesco Osso, all’epoca dei fatti 33enne, ferito alla gola da un colpo di arma da fuoco all’interno di un locale notturno della movida di Diamante il 25 ottobre del 2015. Il giovane rimase paralizzato sulla sedia a rotelle. Nel pomeriggio la sentenza pronunciata dal presidente del collegio giudicante, il giudice Cosenza ha assolto i due imputati (Novello è difeso dall’avvocato Domenico Caputo e De Rose è difeso dall’avvocato Cristian Cristiano)  non solo dal capo di imputazione di tentato omicidio ma anche da quello di detenzione dell’arma dalla quale sarebbe stato esploso il colpo. Arma che non fu mai ritrovata, ma fu rinvenuto il bossolo e la ferita alla giugulare fu ritenuta compatibile con un colpo d’arma da fuoco. L’accusa aveva chiesto una pena a nove anni di reclusione.

Un’odissea giudiziaria tra misure cautelari applicate, Cassazione che ha annullato, revoche delle misure, sostituzioni, fino ad arrivare ad una sentenza di piena assoluzione. All’epoca dei fatti i militari dell’Arma dei carabinieri della compagnia di Scalea, a distanza di 24 ore, ricostruirono i fatti e individuarono nei due imputati di 23 e 21 anni, gli autori del tentato omicidio del giovane 33enne, sottoponendoli fermo di indiziato di delitto su disposizione della Procura della Repubblica di Paola. Era il 27 ottobre del 2015. Secondo la ricostruzione di carabinieri quella notte, intorno alle tre e mezza, un giovane aveva allertato la sala operativa del 112 raccontando di un ragazzo riverso in una pozza di sangue dopo essere stato ferito alla gola da un colpo d’arma da fuoco.

 

I fatti

Il movente sarebbe stato rintracciato ad una futile discussione tra la vittima e uno dei due fermati che avrebbe innescato “una  esecuzione” del giovane all’interno dei servizi igienici del locale. Una prima discussione tra i tre e poi la presunta “pace” spezzata da una seconda discussione finita in bagno quando uno dei due avrebbe estratto la pistola che portava in tasca ed esplodendo un colpo in direzione della giugulare. Poi la fuga in macchina coperti dalla musica mentre la vittima si accasciava a terra. I due imputati decisero di costituirsi due giorni dopo presentandosi in caserma e dichiarandosi innocenti. Nelle ore successive al fermo, alcuni testimoni dichiararono che la vittima, quella tragica sera, avrebbe discusso anche con altre persone.  Addirittura furono forniti vari identikit dell’uomo che aprì il fuoco contro il 33enne, che riaprirono nuovamente le indagini chiuse definitivamente due mesi dopo, il 16 dicembre con un nuovo fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Procura della Repubblica di Paola, nei confronti dei due giovani già indagati nell’immediatezza dei fatti per via dell’acquisizione di ulteriori elementi che avrebbero aggravato il quadro indiziario ricostruito in precedenza. I due finirono in carcere.

 

La Cassazione e nuovi riesami

Particolare fu la fase in cui i legali presentarono, nel corso dei due anni, vari ricorsi per la scarcerazione degli imputati, in cui la Cassazione spesso accolse la tesi della difesa, annullando “il provvedimento impugnato con rinvio per un nuovo esame al Tribunale di Catanzaro”. Il tutto si basava sulle dichiarazioni di un testimone che “non potevano essere ritenute fortemente indizianti, atteso che lo stesso testimone non aveva individuato nel Novello il soggetto che aveva sparato, avendolo solo individuato come presente all’interno del bar la sera del fatto, non avendo, peraltro, assistito direttamente al ferimento di Osso”. Per la Cassazione gli unici elementi indizianti sarebbero stati dal “riferimento al nome dell’attuale ricorrente (Novello, ndc), sentito da un altro testimone durante una conversazione mai confermato da nessuno; la presenza di Alberto Novello all’interno del locale, ed il suo diretto coinvolgimento nel litigio con la persona offesa”. Una storia quindi basata su dichiarazioni testimoniali e riscontri smontati uno dopo l’altro dalla difesa giungendo ad una piena assoluzione

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