Calabria
‘Ndrangheta: il boss tradito da una telefonata per prenotare la vacanza
La latitanza di Simone Cuppari, 36 anni di Brancaleone, condannato il 10 luglio scorso a 28 anni di reclusione per traffico di stupefacenti, è finita a Martinengo in provincia di Bergamo
CHIETI – I contatti con la Calabria li teneva attraverso i classici ‘pizzini’ e lui, che pure non era solito parlare a telefono, alla fine è stato tradito proprio da una telefonata intercettata: quella con cui ha prenotato una vacanza per la settimana di Ferragosto che avrebbe dovuto trascorrere insieme a moglie e due figli a Eraclea Terme. La latitanza di Simone Cuppari, 36 anni di Brancaleone, inseguito da tre Procure ovvero L’Aquila, Pescara e Locri, condannato il 10 luglio scorso a 28 anni di reclusione dal Tribunale di Chieti per traffico di stupefacenti, è finita ieri pomeriggio intorno alle 15 a Martinengo in provincia di Bergamo. Cuppari, capo della omonima ‘ndrina, elemento di spicco di un’associazione per delinquere di stampo mafioso dedita prevalentemente al traffico di sostanze stupefacenti e riciclaggio, con base a Francavilla al Mare (Chieti) e ramificazioni in tutta Italia e che nell’organizzazione è considerato un ‘vangelista’, ovvero uno dei vertici della ‘ndrangheta che partecipa alle riunioni dei comitati provinciali per le decisioni, è stato arrestato ieri dai carabinieri del nucleo investigativo di Chieti. La sua latitanza è durata un anno e mezzo
I militari lo cercavano da febbraio dell’anno scorso quando riuscì a scampare al blitz con 19 arresti che portò a smantellare una cellula ‘ndranghetista’ in Abruzzo. Cuppari in quell’occasione riuscì a sfuggire alla cattura, ma da quel momento i carabinieri di Chieti non gli hanno dato tregua tenendo sotto controllo audio e video decine di utenze telefoniche e possibili nascondigli e soprattutto monitorando i movimenti fra la Calabria e l’aeroporto di Orio al Serio o di alcuni personaggi che, come si è scoperto, portavano ‘pizzini’ nell’area bergamasca che raggiungevano in aereo per poi ripartire in giornata. Cuppari, che al momento dell’arresto non ha detto un parola, viveva in una palazzina dove aveva preso in affitto un appartamento tramite un prestanome: a quell’ora era uscito forse per fare la spesa, ma i carabinieri avevano circondato l’intero edificio. L’operazione che ha portato alla cattura è stata illustrata nel corso di una conferenza stampa svoltasi a Chieti e tenuta dal vice comandante della Legione carabinieri Abruzzo e Molise, il colonnello Antonio Buccoliero, dal comandante provinciale dell’Arma colonnello Florimondo Forleo e dal comandante del nucleo investigativo del comando provinciale di Chieti, il maggiore Marcello D’Alesio.
Veniva informato dai suoi collaboratori tramite i ”pizzini” Simone Cuppari; una tecnica collaudata, quella dei pizzini, usata per comunicare anche con la moglie, durante la latitanza, oltre che per tenere sempre sotto controllo gli affari e magari dare direttive ad affiliati e fiancheggiatori. Sono oltre dieci i pizzini sequestrati, unitamente a otto telefoni, ora al vaglio dei carabinieri e che potrebbero svelare ulteriori aspetti dell’attività criminale di Cuppari che nel frattempo è rinchiuso nel carcere di Bergamo. Ai pizzini e a Cuppari i carabinieri sono arrivati, come ha spiegato il comandante provinciale dei carabinieri di Chieti, il colonnello Florimondo Forleo nel corso di una conferenza stampa, ”monitorando alcuni viaggi che non avevano ragione, di alcuni calabresi che partivano per Bergamo in aereo e ritornavano in giornata, muovendosi nel territorio di Bergamo anche solo per andare a prendere il caffè in alcuni bar. Questo – ha aggiunto Forleo – ci ha chiaramente indicato che portavano dei messaggi e che li depositavano in luoghi convenuti, i classici pizzini, per poi essere recuperati da altri affiliati”. Pizzini che venivano lasciati nei luoghi più diversi: cabine telefoniche, sotto i tavolini di un bar, nelle stazioni di autobus e treni”. Alla fine Cuppari è stato però tradito da una telefonata fatta per organizzare una vacanza in famiglia su una ”casa mobile” fra l’11 e il 17 agosto e che gli sarebbe costata quasi 1.600 euro per sette notti, come rivela una telefonata intercettata, una telefonata determinante, effettuata molto presto il 31 luglio e che ha dato la prova ai carabinieri della presenza di Cuppari nell’appartamento di Martinengo dove lo hanno raggiunto la moglie e i due figli proprio in vista della vacanza da passare insieme.



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