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I governatori della Lega (e Spirlì) “rivedere subito i criteri di assegnazione dei colori”

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I governatori della Lega (e Spirlì) “rivedere subito i criteri di assegnazione dei colori”

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Zona gialla rossa italia 1

Per i governatori della Lega “Il sistema può avere conseguenze devastanti sulla vita delle persone e sull’economia”. Replica il viceministro alla salute Sileri “I dati vengono dalle Regioni e sono loro che li comunicano al ministero, non siamo noi che diamo i numeri di positivi e sintomatici”

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COSENZA  – Vanno rivisti i parametri che determinano i colori delle Regioni. Con il caso Lombardia a far da pretesto, i governatori leghisti (ai quali si è aggiunto anche quello facente funzioni della Calabria Spirli) tornano a chiedere una “revisione immediata delle procedure” che definiscono le zone, i famosi 21 parametri che vengono utilizzati per il monitoraggio settimanale. “Il sistema può avere conseguenze devastanti sulla vita delle persone e sull’economia, come nel caso della Lombardia, quindi è necessario il massimo rigore nell’analisi dei dati”, dicono Massimiliano Fedriga, Attlio Fontana, Christian Solinas, Nino Spirli, Donatella Tesei e Luca Zaia, spalleggiati da Matteo Salvini che attacca il governo definendo un “errore clamoroso” del ministero la zona rossa lombarda. Lo stesso Fontana ha spiegato cosa, secondo i suoi tecnici, non va nell’algoritmo. “Qualcosa è cambiato nel momento in cui il governo è intervenuto con nuove regole per stabilire chi è guarito: prima serviva un isolamento di 3 settimane con 2 tamponi, poi si è passati a due settimane ed un unico tampone”.

Agli esponenti leghisti replica il viceministro Pierpaolo Sileri. “I dati vengono dalle Regioni e sono loro che li comunicano al ministero, non siamo noi che diamo i numeri di positivi e sintomatici”. Dunque “continuare a raccontare cose non vere non cancella la verità, lo dovrebbe sapere anche Salvini – aggiunge la sottosegretaria Sandra Zampa – La mail della Lombardia dove si chiede all’Istituto superiore di sanità il ricalcolo sulla base dei dati rettificati dalla Regione stessa chiarisce come sono andate le cose”. Che qualcosa non vada come dovrebbe però lo sostengono anche i 250 accademici del think tank ‘Lettera 150’, che hanno presentato al ministero della Salute una richiesta di accesso agli atti. A sentir loro, l’errore sulla Lombardia, è stato “possibile perché non c’è trasparenza sui dati”. Certo è che la modifica dei parametri non è una richiesta di oggi e non è solo della Lega.

Il 17 novembre scorso la Conferenza delle Regioni approvò un documento in cui chiedeva di considerare non più 21 ma solo 5 indicatori. E’ necessario, scrivevano i presidenti, “verificare ed approfondire l’adeguatezza dell’attuale sistema di valutazione degli indicatori di contagio” che “risultano non adeguati”. Quali erano gli indicatori suggeriti? La percentuale di tamponi positivi, escludendo le attività di screening e re-testing; un Rt calcolato sulla base della sorveglianza integrata Iss tenendo conto dei soli parametri relativi alla data inizio sintomi e alla data di ospedalizzazione; il tasso di occupazione dei posti letto totali di terapia intensiva e in area medica; il numero di persone dedicate in ciascuna regione al contact-tracing. Alle richieste dei presidenti il governo ha risposto con un tavolo tecnico tra Iss, ministero della Salute e Regioni che avrebbe dovuto valutare le proposte entro il 30 novembre. Che fine ha fatto quel tavolo? Ha prodotto dei risultati, dicono fonti del governo, tanto che le ultime modifiche contenute nel Dpcm del 14 gennaio – l’abbassamento della soglia dell’Rt per entrare in un zona arancione e rossa e l’ingresso in quella arancione con un rischio alto – sono state “concordate e condivise” proprio con le Regioni. Intanto, dopo la Lombardia, è la Sardegna ad annunciare il ricorso contro la collocazione decisa con l’ultimo monitoraggio. Il dossier per il Tar è quasi pronto: secondo i tecnici regionali, il ‘rischio alto’ che ha fatto finire la Sardegna in arancione è legato anche al superamento della soglia del 30% dei posti in terapia intensiva (era al 31%) tra l’11 e il 17 gennaio, ma attualmente quella percentuale è al 24%.

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