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Operazione “Alibante”, Gratteri: “imprenditori soffocati dalla cosca Bagalà”

Calabria

Operazione “Alibante”, Gratteri: “imprenditori soffocati dalla cosca Bagalà”

“I Bagalà sono una famiglia di ‘ndrangheta importante che ha potere mafioso su Falerna e Nocera Terinese e che non veniva colpita dal ’90”

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operazione alibante conferenza stampa 01

CATANZARO – Ha permesso di documentare oltre 30 anni di presenza della cosca Bagalà nella fascia tirrenica della provincia di Catanzaro e nei Comuni di Falerna e Nocera Terinese, l’operazione “Alibante, ” culminata con l’esecuzione di 19 misure cautelari. E’ emerso così il profilo di un clan dedito all’acquisizione delle attività economiche soprattutto nel settore turistico alberghiero ma che aveva acquisito tutta una serie di connivenze e tentativi anche di infiltrazione nelle amministrazioni comunali. L’indagine è nata nel 2017 grazie alla denuncia di due imprenditori con il boss Carmelo Bagalà aveva intrapreso un progetto imprenditoriale che prevedeva la realizzazione di una struttura alberghiera. Il progetto era poi naufragato perché gli imprenditori si sarebbero trovati di fronte ad una situazione alla quale non potevano far fronte perché la cosca stava cercando di acquisire la titolarità dell’impresa e non versava le somme che avevano pattuito. Gli investigatori hanno anche registrato interferenze nelle scelte e nelle elezioni a Nocera Terinese e Falerna. Condizionamenti che vanno dal 2014 in poi. Accusato di concorso esterno, infatti, è anche l’ex sindaco di Falerna, oltre al vicesindaco di Nocera Terinese.

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Il procuratore Nicola Gratteri in conferenza stampa ha spiegato che l’indagine dimostra i rapporti diretti di questa famiglia con i vertici della ‘ndrangheta di “Serie A”, come la famiglia Pelle di San Luca, della piana di Gioia tauro e con i Mancuso di Limbadi. La famiglia Bagalà e in particolare il capo cosca Carmelo Bagalà, entra nel mondo dell’imprenditoria e ha rapporti diretti con i quadri della pubblica amministrazione di due comuni. Qui riesce a muoversi con disinvoltura. Un risultato importante – spiega ancora Gratteri – sul piano giudiziario e sulla tranquillità all’opinione pubblica che deve fidarsi di noi come hanno fatto gli imprenditori che per anni, sono stati vessati e soffocati dal capo Bagalà”.

Il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla delinea i contorni dell’organizzazione criminale che “aveva assunto un profilo imprenditoriale importante attraverso la forza dell’intimidazione e del vincolo associativo ed aveva ottenuto il controllo di interi settori dell’economia, in particolare quello turistico alberghiero della costa tirrenica del lametino. Per farlo la cosca era riuscita a tessere relazioni con esponenti istituzionali, imprenditori, professionisti tant’è che vi sono reati di concorso esterno in associazione mafiosa per soggetti che rivestono queste qualifiche sia in ambito istituzionale che imprenditoriale. C’erano imprenditori che avevano un patto di scambio con l’organizzazione stessa ottenendo reciproci vantaggi”.

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“L’infiltrazione della cosca – prosegue – è legata al riuscire a far entrare nella stessa, una serie di imprenditori edilizi che mettevano a disposizione dell’organizzazione la loro struttura imprenditoriale. Queste strutture societarie erano lo schermo dietro il quale la cosca Bagalà realizzava le iniziativa economiche. Abbiamo anche registrato una serie di reati di intestazione fittizia in particolare la più importante impegnata nella realizzazione di strutture turistico alberghiere”. “Ogni sorta di problema doveva essere affrontato da Bagalà ritenuto capocosca. Quasi un’opera sussidiaria, malamente intesa, per quanto riguarda la comunità che lo vedeva quale punto di riferimento per ogni tipo di problematica. Si rivolgevano alla cosca famiglie inserite nel panorama criminale del lametino e il riconoscimento dato al capo cosca capace di interferire con politici di vario genere. C’erano infatti imprese che erano riconducibili ad ex politici regionali e che dovevano assumere determinati soggetti se era lui a indicarli”.

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