Italia
Operazione “Ragnatela”, estorsioni e intimidazioni per gestire una casa di riposo
Guardia di finanza e carabinieri hanno eseguito anche sequestri di beni. Arrestati due calabresi e indagate altre 21 persone
BOLOGNA – Dopo aver svuotato della liquidità la vecchia società, in dissesto, portandola al fallimento hanno creato una nuova cooperativa, utilizzando per questo alcuni prestanome. Di fatto sono riusciti a subentrare nella gestione di un casa di riposo sull’Appennino bolognese, Alto Reno Terme. Per arrivare all’obiettivo il presunto gruppo criminale avrebbe minacciato e intimidito i dipendenti della struttura con modalità – secondo gli investigatori – tipicamente mafiose allo scopo di farli prima dimettere e poi riassumerli nella nuova realtà. L’operazione ribattezzata ‘Ragnatela‘ ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di due crotonesi e ad un sequestro nei loro confronti mentre e di altre 21 persone fisiche o giuridiche per due milioni di euro.
Le accuse, a vario titolo per 23 indagati, sono associazione per delinquere, estorsione aggravata dal metodo mafioso, bancarotta fraudolenta patrimoniale, documentale e per operazioni dolose, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, emissione di fatture per operazioni inesistenti, spendita e introduzione nello Stato di monete falsificate. Il sequestro ha riguardato due aziende lombarde (una società immobiliare di Brescia e un esercizio di rivendita al dettaglio di generi di monopolio corrente nell’hinterland milanese) e disponibilità liquide.
Il gruppo, presente nel territorio di Gaggio Montano, era entrato nella gestione nel 2015, secondo carabinieri e finanza, al solo fine di distrarre gli asset societari, composti dall’azienda e dall’immobile, del valore di oltre sette milioni e mezzo. Per farlo, avrebbero stipulato un falso contratto d’affitto d’azienda tra la società, appena rilevata, e una cooperativa appositamente costituita, per rendere i beni inappetibili sul mercato.
Intanto, la vecchia società, oberata da debiti per 4,4 milioni principalmente verso l’Erario ed enti previdenziali e assistenziali, è stata portata al fallimento e svuotata della liquidità ancora giacente sui conti correnti. I dipendenti sarebbero stati costretti a dimettersi volontariamente dopo ripetute minacce, atteggiamenti intimidatori e prevaricazioni di vario genere: demansionamenti, mancata corresponsione delle retribuzioni e fruizione di ferie forzate. Gli stessi sono stati poi assunti dalla nuova società e, se si fossero rifiutati, sarebbe scattato per loro il licenziamento in tronco.
Sono emerse inoltre assunzioni fittizie, fatture per operazioni inesistenti rilasciate da soggetti compiacenti, per lavori di ristrutturazione mai effettuati, acquisti fittizi di cespiti e prestazioni di servizio mai ricevute, e conti e carte di credito delle società utilizzati per acquisti estranei alle finalità societarie. Tra i beni sequestrati, denaro contante per 120mila euro, una società immobiliare, un esercizio di rivendita al dettaglio di generi di monopolio, due auto e nove orologi di pregio.



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