E’ cresciuto in Calabria uno dei quattro tecnici rapiti in Libia

E’ stata già recapitata la richiesta di riscatto per i lavoratori sequestrati, ma il ministro Gentiloni preferisce mantenere il riserbo.

VIBO VALENTIA – Anche la comunità di Limbadi, paese in provincia di Vibo Valentia, dove a meta’ anni ’80 i Failla si erano trasferiti si stringe attorno alla famiglia di Salvatore, il tecnico quarantasettenne della multinazionale del mattone Bonatti di Parma domenica rapito insieme ad altri tre italiani in Libia.  Il sindaco di Limbadi, Giuseppe Morello, contattato dall’Agi, ha infatti espresso “preoccupazione e vicinanza da parte dei cittadini limbadesi alla famiglia Failla che, per circa 10 anni, si era stabilita a Limbadi in quanto il padre di Salvatore lavorava in una cava da cui e’ stato poi estratto il materiale servito per la costruzione del vicino porto di Gioia Tauro. 

Salvatore Failla – ricorda il sindaco – ha frequentato a Limbadi le scuole elementari e medie e qualche anno delle scuole superiori nella vicina Nicotera e la sua famiglia si era perfettamente integrata nel paese ed era da tutti ben voluta e come tale mai dimenticata. Siamo pertanto vicini e solidali in questo momento ai Failla e appena Salvatore verrà liberato mi riprometto di recarmi a Carlentini per riabbracciarlo. Nel frattempo si è appreso che il rapimento avvenuto a Mellitah di Gino Pollicardo, Fausto Piano, Filippo Calcagno e Salvatore Failla, non sarebbe stato compiuto a scopi politici o per scambi di detenuti, ma semplicemente a scopo estorsivo per fare cassa.  Per ora i rapitori, secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, avrebbero chiesto un riscatto attraverso i mediatori dell’intelligence. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha chiesto “prudenza e riserbo per riportare a casa” i quattro operai italiani.