Segnala una notizia

Hai assistito a un fatto rilevante?
Inviaci il tuo contributo.

Richiedi info
Contattaci

Estorsioni e usura fino al 30% al mese, 7 arresti. Spunta il nome dello zio di Gattuso

Italia

Estorsioni e usura fino al 30% al mese, 7 arresti. Spunta il nome dello zio di Gattuso

Tre persone sono finite in carcere, quattro ai domiciliari e una sottoposto alla misura dell’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria

Pubblicato

il

squadra mobile milano pavia 7 arresti ndrangheta 02

MILANO – Gli agenti della Polizia di Stato, coordinati dalla Dda di Milano, hanno eseguito nelle province di Milano e Pavia, 10 misure cautelari nei confronti di persone ritenute responsabili di usura ed estorsione, aggravata dal metodo mafioso, spaccio di stupefacenti ed emissione di fatture per operazioni inesistenti; un giro d’affari, quest’ultimo, di diversi milioni di euro.

Inoltre  è stata scoperta la “vendita di denaro” da parte di alcuni degli indagati che consentiva di poter camuffare dei prestiti di tipo usuraio. Sono emerse inoltre, diverse estorsioni ed è stato riscontrato anche lo sfruttamento di manodopera in nero.

Durante le indagini il Tribunale di Milano – Sezione Misure di Prevenzione – aveva emesso un decreto di sequestro a carico di uno degli indagati, risultato affiliato alla ‘ndrangheta, in particolare alla locale di Giussano (Monza e Brianza), direttamente collegata alla locale di Guardavalle (Cz). L’uomo è risultato gestore di fatto, attraverso una serie di prestanome, di società cartiere che emettevano false fatturazioni al fine di mascherare altre operazioni ed attività illecite.

Gli agenti hanno raccolto le dichiarazioni di due presunte vittime di usura da parte dell’indagato destinatario del provvedimento di sequestro. Avrebbe prestato loro somme di denaro a tassi di interesse usurario, variabili tra il 10% e il 30% mensili che, se non restituiti, avrebbero determinato delle pesanti conseguenze nei loro confronti.

Dei dieci indagati, 3 sono stati portati in carcere, 4 ai domiciliari e uno sottoposto alla misura dell’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria. 

squadra mobile milano pavia 7 arresti ndrangheta 01

Anche lo zio Rino Gattuso citato nell’ordinanza  ma non è indagato

Spunta il nome di Damiano Gattuso “zio del calciatore”, ossia di Gennaro ‘Rino‘, ex centrocampista del Milan e della Nazionale e allenatore del Valencia, nell’ordinanza del gip di Milano su un blitz della Squadra mobile su un giro di usura ed estorsioni legato a clan della ‘ndrangheta. Nel provvedimento, tuttavia, il parente dell’ex rossonero non risulta indagato. Si fa riferimento a Damiano Gattuso, “zio del calciatore”, in una pagina del memoriale di una delle vittime dell’attività di strozzinaggio, perché, stando al racconto di quest’ultima, sarebbe stato Damiano Gattuso a metterlo “in contatto” con Orlando Demasi, affiliato alla mafia calabrese (per lui la custodia in carcere).

La vittima ha parlato di un “incontro presso un bar a Gallarate“, provincia di Varese, a cui erano presenti lui, Damiano Gattuso e Demasi. Demasi gli avrebbe chiesto “di quanti soldi avessi bisogno e io gli dico 10mila euro, a tutta risposta lui mi dice – ha spiegato la vittima – ti costano il 40% (…) alla fine della discussione ci accordiamo per il 25% al mese”. Demasi a quel punto avrebbe detto a Damiano Gattuso: “guarda che ne rispondi tu! Di questi soldi se lui non paga prima scanniamo a lui e poi veniamo da te! E a noi non interessa chi è tuo nipote!”.

“Dopo una decina di giorni – ha raccontato ancora la vittima – mi chiama Damiano perché è stato contattato da Orlando Demasi per darmi i primi 10mila euro, io a mia volta consegno un assegno a garanzia dietro la preoccupazione di Damiano. Dopo un mese alla scadenza, io restituisco i soldi ad Orlando (…) e Damiano fa un sospiro di sollievo e io lo ringrazio di tutto”.

Dopo un mese Demasi sarebbe tornato nel capannone dell’imprenditore vittima del presunto strozzinaggio, tra l’altro arrestato 3 anni fa in un’inchiesta su un traffico illecito di rifiuti. “Con naturalezza ma quasi sottovoce – ha spiegato – mi dice ‘io vendo soldi’ e tu ne hai bisogno, se tu mi sarei fedele, ti darò modo di non avere più bisogno di soldi, l’importante è ‘non sgarrare'”.

L’inchiesta del pm Francesco De Tommasi della Dda milanese è nata proprio dalle dichiarazioni dell’imprenditore dopo il suo arresto. Dall’indagine, scrive il gip Fiammetta Modica, è emersa la figura di Demasi, che ha la “dote” della “camorra” nel clan e che “vendeva denaro e, tramite un giro di società allo stesso sostanzialmente riconducibili e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, forniva una copertura ad ingenti movimenti di soldi, funzionali a plurimi scopi suoi e dei suoi ‘clienti'”.

E’ venuto a galla “un sistema solido di ‘cartiere’ intestate a prestanome, quasi sempre coincidenti con i cosiddetti ‘monetizzatori’ e intestatari di conti correnti anche on line” pure presso una “banca tedesca”. Tra gli arrestati (ai domiciliari) Umberto Zivieri, titolare di una delle società riconducibili a Demasi. In carcere sono finiti anche Sebastiano Forte, amministratore di fatto di società con Demasi, e Sebastiano D’Asta, titolare di un’altra società.

La testimonianza di una vittima di usura: mi avrebbero gambizzato

“Mi fece un prospetto delle condizioni del prestito, dicendomi che se non avessi onorato gli impegni sarei stato gambizzato, nella migliore delle ipotesi”. Così una delle vittime di un giro di usura, tra l’altro un imprenditore del settore rifiuti arrestato nel 2019, ha descritto a verbale il ruolo di Orlando Demasi, uno degli arrestati nel blitz della Squadra mobile di Milano e a cui nel 2019 erano stati confiscati 3 milioni di euro dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale milanese.

Il “memoriale” di una delle vittime di usura è contenuto nell’ordinanza del gip di Milano Fiammetta Modica, emessa su richiesta del pm Francesco De Tommasi. “Mi ha prospettato un prestito di 30mila euro con restituzione mensile del capitale di 10mila euro e interessi per circa 3mila euro”. Demasi gli avrebbe anche detto, stando al suo racconto, che un “addetto alle riscossioni” aveva “massacrato un signore di Dairago che si occupava di ceramiche e marmi e che aveva un ritardo di uno o due giorni nel pagamento della rata del prestito”.

Oltre ad un secondo episodio di usura ai danni di un’altra vittima (“avevo paura” di Demasi, ha raccontato), negli atti si parla anche di un caso di presunta estorsione, legato ad una fornitura di droga, nel corso del quale il presunto ‘ndranghetista avrebbe pure sferrato “una testata” alla nuca “della vittima”. Il “clima omertoso“, scrive ancora il gip, “ha impedito” di accertare “altri episodi di pattuizioni usurarie ma appare pacifico” come Demasi “ponesse a disposizione di una platea di imprenditori le società cartiere e il sistema della false fatturazioni”. Lui stesso, secondo il gip, avrebbe detto “di svolgere questo ‘lavoro’ da oltre 30 anni”.

Pubblicità .

Categorie

Social

quicosenza

GRATIS
VISUALIZZA