Calabria
Operazione “Planning”, 12 misure cautelari e sequestro da 32 milioni di euro
Imprenditori collusi con la ‘ndrangheta. Gli accordi per consentire ai primi di espandersi e alle cosche di riciclare denaro
REGGIO CALABRIA – Gli uomini della Direzione Investigativa Antimafia e i finanzieri di Reggio Calabria, hanno eseguito dalle prime ore di oggi 12 misure cautelari, 8 in carcere e 4 ai domiciliari nei confronti di persone gravemente indiziate, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno, associazione per delinquere, impiego di denaro di provenienza illecita, autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, tutti comunque aggravati dalle modalità mafiose.
Contestualmente – in Lombardia, Abruzzo, Lazio e Calabria – è scattato il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente di 28 imprese, di cui una con sede legale in Slovenia e una in Romania, 27 unità immobiliari, quote societarie e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 32 milioni di euro.
L’operazione costituisce l’esito di un’articolata indagine che ha consentito di acccertare – fatte salve le successive valutazioni di merito – co-interessi economici sussistenti tra alcuni imprenditori e cosche di ‘ndrangheta della città di Reggio Calabria. In particolare, secondo quanto ricostruito nel corso delle indagini, sarebbero stati acquisiti elementi integranti l’esistenza di un’associazione a delinquere nel cui ambito imprenditori attivi nel settore edile e della grande distribuzione alimentare – alcuni dei quali già coinvolti in indagini penali o destinatari di misure di prevenzione – avrebbero stretto una pluralità di accordi con famiglie di ‘ndrangheta, agevolando l’infiltrazione della consorteria in quei settori attraverso la compartecipazione occulta di loro esponenti alle iniziative economiche, gestite ed organizzate per il tramite di imprese fittiziamente intestate a terzi, ovvero mediante l’affidamento di numerosi servizi e forniture a imprenditori espressione dell’associazione criminale.
Parte dei profitti così accumulati sarebbe stata successivamente trasferita in maniera occulta, attraverso fittizie operazioni commerciali e fittizi rapporti giuridici, al fine di dirottare la liquidità verso i titolari effettivi delle operazioni economiche, incluse le cosche di ndrangheta, e di ostacolare le indagini, eludendo l’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali e consentendo l’impiego e l’autoriciclaggio dei proventi illeciti.
Parallelamente, le cosche avrebbero agevolato l’espansione delle iniziative imprenditoriali sul territorio, a discapito dei concorrenti, tutelandone gli interessi anche con l’esercizio della forza intimidatoria. Le indagini, durate 2 anni, hanno avuto ad oggetto illeciti commessi dal 2011 al 2021 e sono state integrate e riscontrate da plurime e convergenti dichiarazioni di collaboratori di giustizia, formatesi autonomamente e in tempi diversi. Peraltro, le investigazioni avrebbero consentito di svelare ulteriori ipotesi di impiego di denaro o beni o utilità di provenienza illecita e autoriciclaggio che coinvolgono la provincia di Pescara, ove taluni indagati avrebbero sostenuto, con proventi derivanti dall’attività criminale, un investimento finalizzato all’avviamento e alla gestione di due supermercati.
Gli imprenditori reggini coinvolti nell’iniziativa economica sviluppata in tale area sarebbero accumunati dai rapporti di solidarietà criminale con la cosca De Stefano, sebbene questo non sarebbe l’unico tratto collusivo con la ‘ndrangheta reggina, atteso come la gran parte di loro vanterebbe anche ulteriori rapporti di solidarietà criminale con altre cosche.



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