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Sanità: spiragli sui precari dell’Ao

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Sanità: spiragli sui precari dell’Ao

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COSENZA – Spiragli di luce. Sono quelli che cominciano ad intravedere i precari della sanità cosentina, o almeno parte di loro.

I numeri fanno rabbrividire: 439 dipendenti del’Asp hanno ricevuto la lettera di licenziamento e con essa hanno visto sgretolarsi e ridursi in macerie le loro speranze di un futuro occupazionale certo e di una garanzia economica adeguata. Sin dal momento della ricezione delle comunicazioni di “interruzione di lavoro”, deciso dalla Corte dei Conti e motivata dalla logica, sempre più assurda del piano di rientro, i precari “fatti fuori” senza tanti scrupoli dalla mala politica, si sono attivati presso gli avvocati di fiducia per provare a fermare l’emorragia di posti di lavoro. Ora, sulla base della documentazione legale presentata e sulla scorta di quale precisa garanzia legale, sancita dalla Costituzione, almeno una trentina dei novanta “cancellati” dai posti di lavoro nell’Azienda ospedaliera, intravedono una possibile via d’uscita. Molti di loro, sempre in riferimento ai dipendenti dell’Ao cosentina, che sono stati assunti nel 2009, possono far valere le loro ragioni, appellandosi a quei 36 mesi di servizio, riconosciuti dalla legge come tempo utile per uscire dalle sabbie mobili della precarietà. Uno spiraglio di luce che ora è al vaglio del direttore generale dell’Azienda ospedaliera cosentina, Paolo Gangemi che, insieme con i suoi collaboratori, sta verificando le singole posizioni. Sei dei trenta precari dell’Ao sperano, non si può dire lo stesso di quella larga fetta di loro colleghi dell’Asp. Questi ultimi, infatti, devono fare i conti con quel verdetto inappellabile della Corte dei Conti che ha dichiarato illegittime le loro posizioni lavorative. Un’illegittima procedurale, nella gestione dei rapporti di lavoro, che è costata all’ex manager dell’Asp, Franco Petramala e al suo entourage, il pagamento di oltre sei milioni di euro, come danno erariale. Insomma anche nel 2013 la Calabria rimane bollente, almeno sotto il punto di vista dell’emergenza occupazionale. Quello che spaventa è che a pagare è sempre la povera gente, quella da anni in cerca di un lavoro, costretta a “crepare” di precarietà, quella precarietà che ora gli viene tolta di mano.

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