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Dopo 39 anni di lavoro, nè pensione nè stipendio: “Mi suicido”
COSENZA – Beffato dal calendario. (La risposta di Napolitano in allegato)
Un cosentino emigrato in Lombardia per soli cinque giorni non rientra tra i lavoratori pensionabili. Senza stipendio, senza contributo all’esodo, senza mobilità, senza cassa integrazione, Emilio Celeste minaccia il suicidio. “Come faccio ad arrivare al 2018? E’ da un anno – afferma l’uomo – che non ricevo nulla a parte l’aiuto dei parenti e un abbonamento ai mezzi di trasporto pubblici, oramai scaduto, che mi ha concesso l’assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Milano”. L’INPS non eroga alcun sussidio per Emilio, eppure i contributi del signor Celeste pare siano stati regolarmente versati. “Ben 400mila euro mi sono stati prelevati dalle buste paga dal Novembre del 1972 a Febbraio 2012, – spiega il non pensionato – circa 600 euro al mese. E ora? Non posso pagare le bollette e fare la spesa. Lo Stato ha deciso che io devo morire di fame, ma piuttosto mi uccido”. Partito da Bocchigliero all’età di 19 anni Emilio Celeste ha tentato la fortuna al Nord. E l’ha trovata. Almeno inizialmente. Dopo aver lavorato per due aziende di movimento terra approda alla Scaviterr S.a.s.. Nel corso degli anni diventa responsabile amministrativo e dirigente del personale con un salario da 2.700 euro al mese. E’ un benestante con due figli a carico nella città meneghina. Poi la crisi e la tragedia.
“A Settembre 2009 – racconta Emilio – l’azienda ha iniziato a non pagare più gli stipendi. Ho continuato a lavorare come sempre 12/14 ore al giorno. Non venivo retribuito allora mi sono licenziato nel Febbraio 2011, tanto a Gennaio 2012 sarei andato in pensione. Per gli ultracinquantenni è prevista un’indennità di disoccupazione di un anno. Mi sembrava la scelta più logica invece di lavorare senza retribuzione. Ho 39 anni e 4 mesi di servizio, ma ho compiuto 60 anni 4 giorni dopo l’entrata in vigore della riforma Fornero allora non è ho più diritto. Andrò in pensione il 2018. Mi ritrovo nel tunnel della morte. Sto cercando lavoro dappertutto, dalle pulizie sino ai parcheggi – afferma l’uomo – ma mi dicono che io devo andare in pensione non iniziare una nuova attività”. Contattate istituzioni e sindacati, le autorità rispondo. Una lettera che porta come intestazione Presidenza della Repubblica invita a “non scoraggiarsi” e dichiara l’intento di “sollecitare le autorità territoriali”. Una pacca sulla spalla. Da luglio nessun riscontro. Emilio sollecita nuovamente le autorità. Il 20 Febbraio arriva un’altra pacca sulla spalla. L’INCA al quale Emilio si rivolge per il ricorso all’INPS si rifiuta di aiutarlo. “Bisogna aspettare, ora ci sono le elezioni. Mi hanno detto così, – tuona il signor Celeste – ma io ho fatto presente che potrebbero scadere i termini. Mi è stato detto che tanto Bersani abolirà la riforma Fornero. Non ci credo. Io mi suicido”. Scetticismo condivisibile. Fu infatti lo stesso Bersani a votare a favore della riforma che ha tagliato fuori dai pensionamenti Emilio Celeste. E come lui tanti altri lavoratori.
Documentazione allegata
IL LAVORATORE PIU’ CASTIGATO D’ITALIA
LETTERA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA 2 LUGLIO 2012
LETTERA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA 20 FEBBRAIO 2013
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