Archivio Storico News
Malasanità: aperta un’inchiesta sulla morte di un pensionato
COSENZA – Quel dolore che ti divora. Dentro. La perdita di un congiunto, è sempre qualcosa di devestante, con cui si è costretti
a fare i conti. E’ illogico dare un senso alla morte. Diventa ancora più incomprensibile, quando a morire è un padre, il cui decesso avviene in ospedale, luogo, almeno sulla carta, che dovrebbe garantire la vita e non “santificare” la morte. la triste storia di quest’ennesimo caso di malasanità, ora al vaglio della procura cittadina, è quella di Martino Giuseppe Melicchio, pensionato 76enne, spirato in un letto dell’Annunziata, dopo aver “girovagato”, in cerca di una diagnosi e di una cura, per ben tre settimane, in tre reparti dell’Annunziata. La morte del pensionato, secondo l’accusa del figlio, cristallizzata nera su bianco, su una denuncia, indirizzata al procuratore capo della Repubblica, Dario Granieri, sarebbe styata causata da un’infezione, non adeguatamente monitorata e curata. Il cuore di Melicchio, ha smesso di battere, domenica mattina, intorno alle 10:30. Il pensionato, dopo il suo girovagare tra i reparti, era finito alla medicina “Cosco”. Il decesso, secondo il primo referto medico, è stato causato da un arresto cardiocircolatorio. Inutili tutti i tentyativi di rianimazione, così come assolutamente inservibili, tutti i protocolli di emergenza, nel disperato tentativo di salvare la vita al pensionato. Se le accuse del figlio del pensionato sono fondate, lo stabilirà l’autopsia. Il capo dei pm, infatti, in sinergia con il sostitiuto procuratore della Repubblica, Maria Francesca Cerchiara, titolare dell’inchiesta, ha affidato all’anatomopatologo Berardo Cavalcanti, l’incarico di effettuare l’esame autoptico sul cadavere del pensionato. Nell’atto d’accusa del figlio del pensionato, contro l’ospedale dell’Annunziata, c’è la descrizione minuziosa di un calvario, inziata nella giornata del 24 febbraio scorso. Era domenica. Il pensionato, accompagnato di corsa all’ospedale, da suo figlio e da altri congiunti, arrivò al pronto soccorso, lamentando forti dolori alle articolazioni. La prima diagnosi, fu anche sulla base della conclamata patologia di cui soffriva il penasionato, quella di una artrire reumatoide. Giorno 26, anche considerata la sua età, fu trasferito a Geriatria. Ed è proprio in questo nuovo reparto che, secondo le accuse del figlio, le condizioni del 76enne si sarebbero, improvvisamente aggravate, fino ad arrivare all’epilogo tragico. Il figlio di melicchio, infatti, nonostante avesse, più volte manifestato, al personale medico e paramedico, nonchè alle unità infermieristiche del reparto di Geriatria, l’aggravarsi delle condizioni di suo padre, con l’insorgenza anche di uno stato soporoso, non sarebbe satto preso in considerazione. Almeno, fino al 2 marzo scorso, quando, Martino Giuseppe Milicchio, venne trasferito nel reparto di Medicina “Cosco”. L’equipe medica si sarebbe subito adoperata per salvare la vita del psnionato, apparso in gravi condizioni. Ma, come detto, nonostante gli sforzi e l’osservanza perfetta dei protocolli di rianimazione e del printuario di emergenza, i medici della “Cosco” non sono riusciti ad evitare la morte del 76enne. Ora il figlio vuole sapere perchè. Non solo vuole anche capire chi, trasformandosi, per qualche giorno, in “Dio” ha deciso di mettere fine alla vita di suo padre.



Social