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La ‘ndrangheta manda i suoi pizzini con WhatsApp
COSENZA – I pizzini? No, più sicuro WhatsApp. I colloqui segreti di padrini e uomini d’onore, sono cambiati. Le innovazioni tecniclogiche hanno modificato anche i
comportamenti dei signori dell’Antistato che, messe da parte penne, pizzini, foglietti e appunti cifrati, scritti con un linguaggio incmprensibile, hanno da qualche tempo cambiato le sue strategie operative di comunicazione. Per mantenere i contatti tra boss e compari, affiliati e familiari ĆØ stato scelto uno strumento nuovo e diffuso, frutto della efficace tecnologia israeliana: il āWhatsAppā. E’ questa l’analisi, effettuata da Arcangelo Badolati e Antonio Nicaso, affermati giornalisti e scrittori, “predicatori” della legalitĆ e portabandiera, attraverso articoli, libri e incontri con gli studenti e con la societĆ civile, di un forte messaggio di lotta e disprezzo verso il malaffare. Badolati e Nicaso, attenti osservatori della realtĆ , spiegano il perchĆØ i boss delle cosche nostrane hanno scelto di ricorrere alla tecnologia d’ultima invenzione. “WhatsApp”, ĆØ un sistema che consente un frequente e veloce scambio di messaggi tra possessori di smarth- phone. I padrini hanno scelto di utilizzarlo perchĆ© non ĆØ intercettabile. Prima di approdare ai messaggi, gli āndranghetisti adoperavano il BlackBerry che per lungo tempo non ĆØ stato āascolta – bileā. Poi, scoperto che gli āsbirriā avevano trovato la chiave per spiare le telefonate, sono passati a āSkypeā. E cosƬ, approfittando della gratuitĆ e riservatezza dei colloqui assicurata dallāuso di un semplice computer, hanno per mesi parlato di guerre e affari da un angolo allāaltro del pianeta. Quando, però, anche questo strumento di comunicazione ĆØ apparso insicuro, hanno scelto la messaggeria inventata a Tel Aviv. «à impressionante ā spiega lo scrittore Antonio Nicaso ā come gli āndranghetisti siano veloci nel modificare le loro abitudini, nellāadattarsi a nuovi contesti, nellāadeguarsi alla modernitĆ e ad approfittarne. Lāuso di WhatsApp ne ĆØ la prova più evidenteĀ». Antonio Nicaso, impegnato in questi giorni allāUnical come docente in un corso sulle criminalitĆ transnazionali, rivela pure lāesistenza di un altro nascosto sistema che i mafiosi calabresi starebbero utilizzando per comunicare. Un sistema esistente sulla rete ma accessibile solo disponendo di una buona āguidaā in grado di fare da apripista. Ā«Si tratta di āundernetā e di ādarknetā ā conferma Nicaso ā reti presenti su internet, giĆ operative, e delle quali gran parte della popolazione mondiale disconosce lāesistenzaĀ».Anche in questi oscuri mondi informatici, i criminali calabresi – evidenzia il caposervizi della Gazzetta del Sud, Arcangelo Badolati – (e non solo) avrebbero trovato spazio e convenienza. Che esponenti di vario livello della āndrangheta adoperassero āSkypeā era invece abbondantemente emerso in inchieste sul narcotraffico condotte dal procuratore aggiunto di Reggio, Nicola Gratteri, negli anni scorsi. Lāuso di Facebook appariva, invece, in indagini coordinate dallāex pm della Dda di Catanzaro, Sandro Dolce, e culminate nellāarresto del latitante crotonese Pasquale Manfredi. Sul social network lāuomo si faceva chiamare āScarfaceā. Lāutilizzo del BlackBerry era stato invece fatale, lo scorso anno, al calabrese Vittorio Mirarchi arrestato nella veste di corresponsabile, a Montreal, dellāomicidio del boss Salvatore Montagna, padrino della famiglia Bonanno di New York. Mirarchi pensava di non essere intercettabile e, invece, ĆØ rimasto fregato… Come dire, anche se l’Antistato si organizza, s’ingegna e si attrezza, la legge, pĆØer fortuna, ĆØ sempre un passo più avanti. Anche della tecnologia.



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