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Jamie Baez, il piccolo Suarez vuole prendersi il Cosenza con la sua “Garra Charrua”
A 17 anni la “china” esordiva nella serie A uruguaiana. Sangue sud americano ma origini italiane, è figlio dell’ex attaccante nazionale Enrique Báez, che vinse la coppa America nel 1987. A Cosenza in prestito dalla Fiorentina per provare a rilanciarsi. Suo il “gollazzo” a Carpi che vale il pareggio. Jaime ci racconta la sua ‘vita da lupo’
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COSENZA – Suo padre Enrique, ex attaccante del Wanderers e del Nacional, con “La Celeste” riuscì a vincere la coppa America nel 1987 in Argentina battendo in semifinale proprio le Selecciòn di Diego Armando Maradona. Jaime fa l’attaccante come il papà del quale è pronto a ricalcarne le gesta. Cresciuto calcisticamente nel Las Piedras, ha giocato con lo Juventus e il Defensor debuttando a soli 17 anni nella serie A uruguaiana. Tecnica, talento, velocità e fiuto del goal, nell’under 20 uruguaiana per i suoi colpi e la posizione da prima punta, veniva soprannominato il “Piccolo Suarez” prima di trasformarsi calcisticamente in una seconda punta che ama giocare da esterno. La Fiorentina gli mette gli occhi addosso e a 20 anni, lo porta in italia per una cifra vicino ai 2 milioni di euro. Ma con Paulo Sosa prima e Stefano Pioli poi, trova poco spazio in prima sqaudra e se ne va in prestito a Livorno, Spezia e Pescara prima di approdare questa estate al Cosenza. A Carpi entra nel finale e trova, con un goal assurdo da fondo campo, la sua prima rete con la maglia rossoblu facendo esplodere tutta la sua “Garra Charrua”. La garra, l’artiglio per lottare alla morte e la charrua, piccola tribù indigena che lottò per secoli contro i colonizzatori. In Uruguay l’urlo di quelli che fanno di tutto in campo: impegno fisico, sforzo caratteriale e coinvolgimento emotivo. Una caratteristica sui generis tipica dei calciatori uruguaiani, che gli è stata attribuita anche sul Web dopo la rete del pareggio.
Jaime racconta la sua vita da Lupo ai microfoni di RLB cominciando con le differenze tra il calcio uruguaiano e italiano. Per Baez sta nelle cosiddette ‘infrastrutture’, meno buone nel suo Paese, più solide in Italia in particolare per ciò che riguarda l’organizzazione. “I calciatori uruguaiani hanno la fame di arrivare in Italia per giocare e affermarsi. La gente di Calabria? Si molto simile alla gente di Santa Lucia e mi trovo benissimo qui. La gente ti fa stare bene e mi trovo bene. E’ una città tranquilla e qui sto benissimo. Soprattutto è passionale sul calcio“.
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“Avevo 4 anni quando sono andato al baby club l’Aurelias, nella mia piccola città di Santa Lucia. Li ho fatto li tutta l’infanzia fino a 12 anni. In Italia sono arrivato grazie ad Alessandro Luci, il mio procuratore e anche la Fiorentina si è interessata a me. In Uruguay ho lasciato la famiglia, i miei, mio fratello, la mia nonna, zii e cugini. Sento molto la mancanza dei miei amici, perché essendo cresciuto in una città piccola e i miei amici li conosco da quando ero piccolissimo. Oltre al calcio ho imparato a fare altre cose: ho seguito qualche corso su Internet, studiato per stare sempre attivo e non stare sempre con la testa sul calcio e recentemente ho studiato un pò di contabilità. La mia musica preferita? Non poteva non essere quella sudamericana e latina. Nella sua playlist non manca mai il reggaeton. Su Spotify sento sempre una playlist con una cinquantina di canzoni reggaeton, ma la musica mi piace un pò tutta”.
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